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Imprese, le compagnie si attrezzano per coprire 15 miliardi di danni da catastrofi

La stima di Ania sul rischio massimo da coprire. Circa 5 miliardi a carico di Sace

 

Il valore complessivo del rischio che il comparto assicurativo si deve assumere per coprire le imprese contro i danni catastrofali è stato calcolato in 15 miliardi. È una prima stima – non raffinata anche perché non è ancora stato resto disponibile il testo definitivo del decreto attuativo della norma sulle assicurazioni delle imprese – elaborata dall’Ania e che costituisce la base per definire quale dovrà essere l’impegno delle assicurazioni e quello della Sace, chiamata a fornire la riassicurazione al settore. Il numero in realtà è l’espressione della simulazione di quello che potrebbe essere l’indennizzo necessario se tutte le imprese si assicurassero e si verificasse un evento veramente estremo (tipo un terremoto in grado di radere al suolo un’intera città, come accaduto a Messina a inizio secolo scorso), di quelli che, secondo le statistiche, si verificano una volta ogni 200 anni. Si tratta di una misurazione prevista dalla direttiva Solvency II sui requisiti prudenziali delle assicurazioni, per calcolare quanto sarebbe l’esborso massimo per le assicurazioni nello scenario peggiore.

Le polizze catastrofali rappresentano un’innovazione importante rispetto a quanto sinora assicurato in Italia, perché gli eventi coperti possono causare danni molto importanti contemporaneamente in una stessa area. In sintesi: le compagnie, in un caso estremo, possono trovarsi a dover sborsare molti miliardi di euro sotto forma di indennizzi in tempi rapidi. La stima dei 15 miliardi serve, per l’appunto, a capire quanto fieno va messo in cascina per fare fronte a simili evenienze: quelle scorte sono rappresentate dal capitale che ogni compagnia dovrà accantonare in base al livello del rischio che potrà assumere. La presidente dell’Ania, Maria Bianca Farina, martedì scorso aveva rivelato che l’entità di nuovo capitale che dovrà essere destinato dal settore per fare fronte ai rischi catastrofali è stimato in circa 10 miliardi: si tratta di risorse che dovranno essere vincolate a copertura dei nuovi rischi. Va chiarito subito che questo non vuol dire che le compagnie dovranno necessariamente procedere ad aumenti di capitale per reperire risorse: il settore ha abbondante capitale in eccedenza rispetto a requisiti prudenziali previsti, quindi si tratta di dare una destinazione a una parte del capitale libero. È un lavoro che le compagnie assicurative saranno chiamate a fare entro la fine dell’anno, visto che l’obbligo a contrarre queste polizze scatterà il primo gennaio 2025 o al massimo entro febbraio.

Ogni società assicurativa dovrà portare all’approvazione del consiglio di amministrazione la dimensione del “risk appetite”, come previsto dalle nuove norme sulle polizze catastrofali; dunque deve definire l’ammontare di rischio che si vuole coprire e il corrispondente capitale da accantonare. La nuove regole prevedono che se una compagnia, a un certo punto, non ha più la possibilità di attingere a nuovo capitale può essere esentata dall’obbligo di fornire una copertura su questo tipo di danni. Rispetto alla stima dei rischi per 15 miliardi complessivi, l’Ania e la Sace, chiamata a riassicurare il settore privato fino a un massimo di 5 miliardi, hanno convenuto di ripartire circa 10 miliardi a carico delle compagnie e la quota restante su Sace. Anche qui si tratta di numeri molto approssimativi: la prestazione di Sace, ad esempio, non è a costo zero, ma è a valori di mercato, quindi vanno tenute in conto queste voci di spesa. E ancora: accantonare il capitale ha un costo; nel caso delle compagnie è pari a circa il 9% ogni anno. Quindi prendendo a riferimento la stima dei 10 miliardi si tratta di 900 milioni l’anno. Per recuperare parte del costo il capitale può essere investito: la forma più classica (e più liquida) è rappresentata dall’acquisto dei titoli di Stato.

 

 

FONTI     Laura Serafini     “Enti Locale & Edilizia”

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