Skip to content
Close
Hit enter to search or ESC to close

Nel 2024 niente gara per il 93% degli appalti pubblici

La fotografia emerge dallo studio di Sauro Mocetti, capo della divisione Economia e diritto della Banca d’Italia, partendo da numeri dell’Anac, ed è stato presentato nel corso del convegno dell’Ance

 

Concorrenza addio. Due appalti su tre nel 2024 sono stati finora aggiudicati con affidamento diretto: quindi, senza una gara aperta e pubblica. L’impressionante dato, che – va precisato subito – fotografa il numero di procedure e non il loro valore, è stato elaborato da Sauro Mocetti, capo della divisione Economia e diritto della Banca d’Italia, partendo da numeri dell’Anac, ed è stato presentato ieri nel corso del convegno «Opere pubbliche oltre il 2026», promosso dall’Ance a Vico Equense.

Questa fotografia spiega il senso delle modifiche chieste proprio dall’Ance all’interno del correttivo al Codice appalti e votate a una maggiore concorrenza. «Con l’obiettivo di velocizzare le procedure di affidamento – ha spiegato Mocetti -, negli ultimi anni si sono succeduti diversi interventi normativi volti ad innalzare le soglie per affidamenti diretti e procedure negoziate». Quindi, lo spazio per appalti pubblici assegnati senza una gara aperta a tutti si è allargato, con l’idea di far arrivare in tempi ragionevoli il denaro dalla carta dello stanziamento alla realtà del cantiere.

Fino al decreto 32/2019 la procedura negoziata prevedeva 15 inviti e arrivava fino al milione. Con il Dl 76/2020 questa quota è stata innalzata fino alla soglia comunitaria (5,3 milioni) e gli inviti sono arrivati ai 10 attuali. Quasi contemporaneamente la soglia per l’affidamento diretto è passata da 40mila a 150mila euro. Questi interventi normativi si sono trasferiti sul mercato, anno dopo anno.

«Coerentemente con l’evoluzione dell’impianto normativo – ha detto ancora Mocetti -, è progressivamente aumentata nel tempo la quota degli affidamenti diretti e si è ridotta quella delle gare competitive». La proporzione di questo aumento nel tempo è, però, il pezzo più interessante dell’analisi, perché la serie parte dal 2012, più di dieci anni fa. All’epoca gli affidamenti diretti erano appena il 7,9 per cento. Sfondano decisamente il muro del 10% nel 2016 ma è dal 2018 (livello rilevato: 23,1%) che inizia la cavalcata. Già nel 2019 viene superata la soglia del 30% del mercato. Nel 2020 si arriva a poco meno del 50 per cento. Tra il 2021 e il 2023 si resta tra il 52 e il 55 per cento. Ma è nel 2024, in base a dati preliminari che non considerano l’ultimo trimestre dell’anno, che sta prendendo forma il record. Gli affidamenti diretti sono il 68,9%, in numero, del mercato: in pratica, due appalti su tre.

A questo va aggiunto che le procedure negoziate, che comunque non prevedono una gara aperta, sono il 24,2%: il totale è, quindi, di circa il 93% di appalti che dribblano la gara. Se, allora, guardiamo solo il dato delle procedure competitive (quindi, diverse dalla negoziata e dagli affidamenti diretti), si vede che queste gare, almeno in numero, sono arrivate a rappresentare una quota ormai minoritaria del mercato. Nel 2024 siamo al 6,9%, il minimo storico dal 2012. Tra il 2012 e il 2015 le procedure competitive valevano, invece, circa un quarto del mercato.

L’accelerazione dei tempi negli affidamenti non ha, ovviamente, avuto effetti sulle fasi di progettazione ed esecuzione, che restano lunghissime. In questo contesto, si collocano le difficoltà che sta avendo il Pnrr, sulle quali si è soffermato Piero Petrucco, vicepresidente Ance con delega al Centro studi: «Il 53% della spesa sostenuta al 30 giugno 2024, pari a 26,9 miliardi, è riconducibile a investimenti di interesse per il settore delle costruzioni. I dati confermano, però, che l’attuazione ha riguardato prioritariamente gli investimenti già in essere. Infatti, il 71% della spesa effettuata riguarda interventi già previsti e finanziati prima del Pnrr. Se si guarda ai nuovi investimenti, è stato speso appena l’8 per cento».

Non bisogna, però, guardare a questi numeri solo con allarmismo: «Sono numeri – prosegue Petrucco – giustificati dall’enormità del progetto. Anche se indicano chiaramente un ritardo che dobbiamo riuscire a recuperare. C’è preoccupazione soprattutto per le grandi opere che sono in una situazione decisamente peggiore rispetto ai lavori medio piccoli». Prosegue la presidente Ance, Federica Brancaccio: «Sui tempi del Pnrr siamo preoccupati perché ci sono ritardi, ma non chiediamo ora una riprogrammazione, se ci sono criticità dobbiamo andare a vedere intervenendo con una precisione chirurgica». Anche per questo motivo è in arrivo un emendamento del Governo al decreto Omnibus, che sarà votato oggi: punta a semplificare proprio le erogazioni dei finanziamenti del Pnrr.

 

 

 

FONTI   Giuseppe Latour      “Enti Locali & Edilizia”

Categorized: News