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Servizi di progettazione: il TAR dice no all’affidamento a soggetti non qualificati

Il Codice Appalti apre la possibilità a altri soggetti di espletare i servizi tecnici, purché questi facciano parte dell’oggetto sociale e nell’organigramma vi siano professionisti

 

No all’affidamento di servizi di progettazione a soggetti che non includano esplicitamente nell’oggetto sociale queste attività e non abbiano in organico personale con queste funzioni specifiche.

Questo perché il nuovo Codice Appalti prevede l’apertura a soggetti diversi dal quelli che prima erano tassativamente elencati all’art. 46 del d.Lgs. n. 50/2016 ma, nel caso vogliano partecipare alle procedure di affidamento pubblico devono ricomprendere nell’oggetto sociale le prestazioni di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e includere figure professionali nell’organigramma.

Sulla base di questi presupposti, con la sentenza del 28 giugno 2024, n. 2336, il TAR Sicilia ha accolto il ricorso proposto dall’Ordine Architetti PPC di Enna e da Fondazione Inarcassa contro un’Amministrazione Comunale che aveva affidato, ai sensi dell’art. 50, co. 1, lett. b), d.lgs. n. 36/2023, il servizio di progettazione FTE ed esecutiva a un Ente Universitario.

Servizi di progettazione: affidamento legittimo solo se a soggetti dotati dei requisiti tecnici
Secondo i ricorrenti, trattandosi di un affidamento diretto ai sensi del codice degli appalti, – l’università non sarebbe stata in possesso dei requisiti di cui all’art. 37 dell’All. II.12, parte V, del codice degli appalti, in quanto non è un’università statale e pertanto non può essere considerata una pubblica amministrazione, senza che potesse rientrare nel perimetro degli “altri soggetti abilitati in forza del diritto nazionale a offrire sul mercato servizi di ingegneria e di architettura, nel rispetto dei princìpi di non discriminazione e par condicio fra i diversi soggetti abilitati” di cui all’art. 66, comma 1, lett e) del codice degli appalti. Per altro la SA, in fase di affidamento diretto non ha effettuato il controllo sul possesso dei requisiti di capacità tecnica in capo all’ente.

Preliminarmente il TAR ha ricordato che l’art. 66, comma 1, lett. e), del Codice degli appalti prevede che sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, tra gli altri, anche gli “altri soggetti abilitati in forza del diritto nazionale a offrire sul mercato servizi di ingegneria e di architettura, nel rispetto dei principi di non discriminazione e par condicio fra i diversi soggetti abilitati”; il comma 2 prevede espressamente che “Per la partecipazione alle procedure di affidamento di cui al comma 1 i soggetti ivi indicati devono possedere i requisiti minimi stabiliti nella Parte V dell’allegato II.12.”

A sua volta, l’art. 37 dell’allegato II.12, Parte V, del Codice stabilisce che i soggetti di cui all’art. 66, comma 1, lett. e) che intendano essere affidatari di appalti pubblici di servizi di ingegneria o architettura devono possedere i seguenti requisiti:

  1. l’oggetto sociale deve ricomprendere le prestazioni di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria;
  2. deve essere predisposto e regolarmente aggiornato un organigramma nel quale devono essere indicate le “persone direttamente impiegate nello svolgimento di funzioni professionali e tecniche, nonché di controllo della qualità con l’indicazione delle specifiche competenze e responsabilità”;
  3. all’interno della compagine aziendale deve essere presente almeno un direttore tecnico (consultato dall’organo di amministrazione per la definizione degli indirizzi strategici e per la partecipazione a gare per l’affidamento di servizi di ingegneria e architettura, con funzioni di collaborazione e controllo delle prestazioni svolte dai tecnici incaricati delle progettazioni), il quale, a sua volta, deve essere in possesso di determinati requisiti, tra cui la laurea in ingegneria o architettura, l’abilitazione all’esercizio della professione da almeno dieci anni nonché l’iscrizione, al momento dell’assunzione dell’incarico, al relativo albo professionale e l’essere in regola con gli obblighi contributivi, assicurativi e di aggiornamento professionale previsti dalle norme legislative vigenti;
  4. il compito di approvare e controfirmare gli elaborati tecnici inerenti alle prestazioni oggetto dell’affidamento deve essere delegato al direttore tecnico o ad altro ingegnere o architetto dipendente dagli stessi soggetti e avente i medesimi requisiti.

In sintesi, i soggetti che, ai sensi dell’art. 66, comma 1, lett. e), del Codice degli appalti, intendano essere affidatari di appalti pubblici di servizi di ingegneria e architettura devono possedere i requisiti di cui all’art. 37 dell’allegato II.12, Parte V, del Codice.

Servizi di progettazione: il regolamento per la definizione dei requisiti degli OE
Come spiega il TAR, le norme contenute nell’Allegato II.12 al Codice relative ai requisiti dei soggetti partecipanti alle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura sono in larga parte riproduttive di quelle contenute nel d.m. n. 263/2016, a suo tempo emanato in attuazione dell’art. 46 del D.Lgs. n. 50/2016, recante il “Regolamento recante definizione dei requisiti che devono possedere gli operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria e individuazione dei criteri per garantire la presenza di giovani professionisti, in forma singola o associata, nei gruppi concorrenti ai bandi relativi a incarichi di progettazione, concorsi di progettazione e di idee, ai sensi dell’articolo 24, commi 2 e 5 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”.

Esso già prevedeva sostanzialmente requisiti identici a quelli contenuti nell’Allegato II.12; in particolare, l’art. 2 del suddetto decreto ministeriale, per quanto riguarda le società di professionisti, prevedeva che le stesse dovessero essere dotate di un organigramma comprendente i soggetti direttamente impiegati nello svolgimento di funzioni professionali, tecniche e di controllo della qualità e, a sua volta, l’art. 3, per quanto riguarda le società di ingegneria, stabiliva che esse dovessero disporre di almeno un direttore tecnico “con funzioni di collaborazione alla definizione degli indirizzi strategici del soggetto cui fa capo, di collaborazione e controllo delle prestazioni svolte dai tecnici incaricati delle progettazioni” in possesso di determinati requisiti tra cui la laurea in ingegneria o architettura e l’abilitazione all’esercizio della professione.

La novella nel Codice Appalti 2023: apertura a più soggetti, purché qualificati
Una delle novità contenute nell’Allegato II.12 rispetto al decreto ministeriale è rappresentata dalla previsione per cui i soggetti che vogliano partecipare alle procedure di affidamento pubblico devono ricomprendere nell’oggetto sociale le prestazioni di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria.

Questa novella legislativa ha lo scopo di restringere il novero dei soggetti che possano essere affidatari di appalti pubblici di servizi di ingegneria e architettura, trattandosi di servizi particolarmente delicati per cui è necessaria elevata professionalità richiesta per garantirne la qualità.

Più nello specifico, l’introduzione della citata novella legislativa trova la sua spiegazione nella circostanza che:

  • nel vigore del d.Lgs. n. 50/2016, in un primo momento i soggetti che potevano partecipare alle gare per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura erano solo quelli indicati nell’elenco – ritenuto tassativo – di cui all’art. 46, il quale non comprendeva, tra gli altri, neanche gli enti senza scopo di lucro; conferma di tale esclusione si traeva dal d.m. 2 dicembre 2016, n. 263 che, nell’indicare i requisiti che dovevano possedere i soggetti che volevano partecipare alle gare attinenti ai servizi di ingegneria e architettura, prendeva in considerazione solamente i soggetti indicati nell’art. 46, omettendo invece di indicare soggetti diversi;
  • successivamente, invece, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia 11/06/2020 (C-219/19) si è originato un opposto orientamento giurisprudenziale, ai sensi del quale anche gli enti senza scopo di lucro possono partecipare alle procedure ad evidenza pubblica di servizi di ingegneria e architettura, purché essi siano abilitati in forza del diritto nazionale ad offrire i servizi oggetto d’appalto.
  • In tale solco, si inserisce l’art. 66 D.Lgs. n. 36/2023, il quale al comma 1, lett. e), contiene una norma aperta ai sensi della quale possono partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, anche gli “altri soggetti abilitati in forza del diritto nazionale a offrire sul mercato servizi di ingegneria e di architettura.”

Tali soggetti, tuttavia, devono possedere i requisiti di cui all’Allegato II.12 e tra questi in primo luogo quello di ricomprendere nell’oggetto sociale la possibilità di offrire sul mercato i servizi di ingegneria e architettura.

In altri termini, il legislatore nazionale, con la norma in commento:

  • da un lato, ha recepito l’orientamento comunitario sul tema sancendo la possibilità di partecipare alle procedure ad evidenza pubblica per quanto riguarda i servizi di ingegneria e architettura anche a soggetti che non rivestono le forme indicate dalla legge (l’elenco ha pertanto ora natura esemplificativa e non più tassativa);
  • dall’altro lato, ha ristretto il novero dei soggetti che possono partecipare alle suddette procedure ad evidenza pubblica, stabilendo che tali soggetti debbano ricomprendere nell’oggetto sociale le prestazioni di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria.

Ciò implica che i soggetti che intendano partecipare ad una procedura di evidenza pubblica per i servizi di ingegneria e architettura inseriscano in modo chiaro ed espresso nel proprio oggetto sociale tale facoltà; in altri termini, deve ritenersi che il ricomprendere nell’oggetto sociale le prestazioni di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria non possa avvenire in maniera implicita o ambigua, dovendo, invece, emergere in maniera espressa che i soggetti di cui all’art. 66, comma 1, lett. e), possono offrire sul mercato servizi di ingegneria e architettura e ciò anche allo scopo di permettere un primo controllo da parte della stazione appaltante circa la serietà e affidabilità del soggetto che partecipa alla procedura ad evidenza pubblica.

 

La sentenza del TAR
Conclude il giudice che lo Statuto dell’Università si limita a conferire la generica possibilità di stipulare contratti di consulenza professionale e di servizio a favore di terzi, senza espressa previsione, come stabilito dal Codice Appalti, di erogare servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria.

Inoltre rileva il fatto che l’Università non fosse dotata di un organigramma comprendente le persone direttamente impiegate nello svolgimento di funzioni professionali, tecniche e di controllo e che, all’interno della compagine aziendale, non fosse presente un direttore tecnico in possesso dei requisiti richiesti dalla legge.

Infine, le parti resistenti non hanno fornito prova del possesso in capo all’Università dei requisiti di cui all’art. 37 dell’allegato II.12, Parte V, del Codice, né contestato il mancato possesso dei requisiti predetti. Esse si sono limitate ad argomentare circa il fatto che lo Statuto prevedesse la possibilità per l’Università di essere affidataria di appalti pubblici, ma avrebbero dovuto anche allegare e fornire elementi di prova che potessero far ritenere che essa fosse dotata di un organigramma nel quale erano indicate le persone impiegate nello svolgimento di funzioni professionali, tecniche e di controllo e che all’interno della propria compagine fosse presente almeno un direttore tecnico in possesso dei requisiti richiesti dalla legge.

Da qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della determina di aggiudicazione.

 

 

FONTI       “LavoriPubblici.it”

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