La Suprema Corte (sentenza n. 29167/2025) ribadisce che il direttore dei lavori risponde dei vizi costruttivi se omette controlli e non informa il committente.
Fino a che punto arriva la responsabilità del direttore dei lavori quando l’opera presenta vizi costruttivi? È sufficiente limitarsi a un controllo formale della corretta esecuzione, oppure la funzione richiede una vigilanza effettiva e costante, capace di prevenire errori e difetti?
Responsabilità del direttore dei lavori e diligenza tecnica: la sentenza della Cassazione
Quello del direttore dei lavori è un ruolo molto delicato sulle cui responsabilità si sta formando sempre di più una giurisprudenza che negli anni ne ha definito i contorni operativi. È il caso del nuovo intervento della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 29167 del 4 novembre 2025, ha risposto alle domande in premessa e riaffermato alcuni importanti principi consolidati ma spesso trascurati sul piano operativo.
La controversia trae origine dalla costruzione di un edificio che, a pochi anni dal completamento, aveva manifestato gravi difetti strutturali e di finitura: infiltrazioni, crepe, distacchi d’intonaco e vizi nei materiali impiegati. Il committente, ritenendo che tali difetti derivassero non solo da errori dell’impresa esecutrice ma anche da una carente vigilanza in fase di cantiere, aveva citato in giudizio sia l’impresa sia il direttore dei lavori, chiedendo il risarcimento dei danni.
Il Tribunale di primo grado aveva accolto parzialmente la domanda, riconoscendo la corresponsabilità di entrambi. In sede di appello, il direttore dei lavori aveva tentato di ottenere la riforma della sentenza, sostenendo di non essere intervenuta direttamente nell’esecuzione e di non aver avuto alcun ruolo causale nella genesi dei difetti, imputabili – a suo dire – a un’esclusiva responsabilità dell’appaltatore.
La Corte d’appello aveva però confermato la condanna, sottolineando come la professionista non avesse fornito prova di aver svolto un’effettiva attività di controllo tecnico durante le fasi di cantiere. Dagli atti emergeva, anzi, un comportamento sostanzialmente omissivo, privo di verifiche, di disposizioni operative e di segnalazioni al committente circa le irregolarità riscontrabili anche visivamente. Un’inerzia che, secondo i giudici di merito, integrava violazione degli obblighi di diligenza qualificata e giustificava la condanna solidale con l’impresa.
Da qui il ricorso in Cassazione, occasione utile per ricostruire il quadro normativo di riferimento e chiarire i principi applicabili.
Quadro normativo di riferimento
La figura del direttore dei lavori è disciplinata in modo trasversale tra norme di natura civilistica e disposizioni tecniche di settore.
Sotto il profilo civilistico, gli articoli 1176 e 2236 del codice civile stabiliscono che il professionista risponde dell’inadempimento non solo quando agisca con dolo o colpa grave, ma anche quando non utilizzi la diligenza “qualificata” richiesta dalla natura dell’incarico. Nel caso del direttore dei lavori, tale diligenza non è quella ordinaria del buon padre di famiglia, bensì quella “diligentia quam in concreto”, proporzionata al grado di competenza e alla complessità dell’opera.
Dal punto di vista tecnico e operativo, restano centrali le previsioni del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), che individua il direttore dei lavori come il garante della conformità dell’opera al progetto approvato, al titolo edilizio e alle regole della buona costruzione.
Accanto a ciò, il D.Lgs. n. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza Lavoro) impone obblighi di vigilanza in materia di sicurezza e salute nei cantieri temporanei o mobili, evidenziando come il direttore dei lavori – pur non coincidente con il coordinatore per la sicurezza – non possa comunque ignorare le condizioni operative che espongono a rischi o difformità.
Completano il quadro i principi generali di correttezza e buona fede (art. 1175 c.c.) e l’art. 1669 c.c., che configura la responsabilità per gravi difetti dell’opera anche in capo a chi, come il direttore dei lavori, abbia avuto una funzione di controllo tecnico sulla realizzazione.
Principi espressi dalla sentenza
La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso del direttore dei lavori, ha ribadito un principio di diritto di grande rilievo operativo:
“Il direttore dei lavori, pur prestando un’opera professionale in esecuzione di un’obbligazione di mezzi e non di risultato, deve utilizzare le proprie risorse intellettive e operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente si aspetta di conseguire”.
Ciò significa che il direttore dei lavori non può limitarsi a verifiche sporadiche o a un controllo documentale, ma deve svolgere un’attività effettiva e continuativa di vigilanza sull’intero processo costruttivo.
La sua responsabilità copre:
- la verifica della conformità dell’esecuzione al progetto e al capitolato;
- il controllo della qualità dei materiali e delle modalità costruttive;
- l’obbligo di segnalare tempestivamente al committente qualsiasi anomalia o difformità rilevata.
Gli ermellini sottolineano, inoltre, che il direttore dei lavori non può sottrarsi alla responsabilità invocando la propria estraneità alle cause dei vizi, se non dimostra di aver esercitato una vigilanza adeguata e di aver adottato le misure necessarie per evitarli.
In sostanza, la funzione direttiva non si esaurisce nel “certificare” lo stato dei lavori, ma comporta una presenza attiva, capace di prevenire difformità e garantire la corretta realizzazione dell’opera.
Analisi tecnica
La pronuncia assume un peso particolare perché riafferma un concetto spesso frainteso nella prassi edilizia: la direzione dei lavori non è un incarico di rappresentanza, ma una funzione tecnica di controllo sostanziale.
Il direttore dei lavori, infatti, agisce come proiezione tecnica del committente nel cantiere, ed è tenuto a un controllo proporzionato alla complessità dell’opera e all’autonomia organizzativa dell’impresa.
Ciò implica un dovere di vigilanza costante, che si traduce in:
- presenza periodica in cantiere, documentata attraverso i registri e i verbali di sopralluogo;
- verifica della qualità esecutiva rispetto alle regole dell’arte e alle specifiche del progetto;
- coordinamento con le altre figure tecniche, in particolare col responsabile della sicurezza, il progettista strutturale e l’impresa appaltatrice;
- segnalazione tempestiva di ogni difformità rilevante o anomalia riscontrata, anche attraverso sospensioni dei lavori o richieste formali di adeguamento.
La Cassazione, in linea con precedenti conformi (Cass. nn. 9572/2024 e 27045/2024), conferma che il direttore dei lavori risponde anche per culpa in vigilando quando non esercita un controllo adeguato sull’esecuzione, a prescindere dal fatto che l’esecuzione materiale sia affidata interamente all’impresa.
Il discrimine non è dunque la materiale esecuzione, ma il mancato esercizio del controllo tecnico che rientra tra le obbligazioni contrattuali del professionista.
Conclusioni operative
La Cassazione, quindi, ha rigettato il ricorso, confermando la condanna del direttore dei lavori per omessa vigilanza e mancata segnalazione delle irregolarità esecutive.
Una decisione che riafferma con chiarezza il ruolo di garanzia tecnica che il direttore dei lavori è chiamato a svolgere e che, se trascurato, genera responsabilità piena nei confronti del committente.
Volendo sintetizzare:
- la direzione dei lavori è un incarico tecnico di controllo sostanziale, non una mera funzione formale;
- il direttore dei lavori risponde dei difetti costruttivi se non dimostra di aver esercitato una vigilanza effettiva e documentata;
- la diligenza richiesta è quella “qualificata” del tecnico esperto, proporzionata alla complessità dell’opera;
- l’omessa segnalazione al committente costituisce causa autonoma di responsabilità professionale.
In altre parole, la Cassazione richiama la categoria dei professionisti a una maggiore consapevolezza del proprio ruolo: la direzione dei lavori è un’attività tecnica ad alta responsabilità, in cui la diligenza si misura non sulla quantità di sopralluoghi, ma sulla qualità del controllo e sulla capacità di prevenire l’errore prima che si traduca in danno.
FONTI “LavoriPubblici.it”
