Dal sottosoglia alle rotazioni serve un chiarimento: nel dubbio meglio affidarsi alla disposizione “generale” che sancisce che il Dlgs 50/2016 è abrogato dal 1° luglio 2023
Il Rup, responsabile dell’attuazione degli interventi/progetti, in relazione ai contratti (da stipulare) finanziati anche solo in parte dal Pnrr/Pnc, a far data dal 1° luglio 2023 (data di efficacia del Codice per le nuove procedure), dovrà predisporre le proprie istruttorie, come già fatto notare nel focus pubblicato nell’edizione del 22 giugno e riportato anche nello speciale sul nuovo codice, attingendo – per le procedure di affidamento/aggiudicazione – da diversi impianti normativi.
I riferimenti normativi
Riguardo al primo impianto normativo, in relazione alle procedure di affidamento e alcune clausole importanti nella fase pubblicistica, non è in dubbio il richiamo al Dl 76/2020 (in particolare, ad opera del comma 4, e successivo comma 4-bis, dell’articolo 14 del Dl 13/2023). I richiami contenuti nei commi appena citati, che il Rup è tenuto ad applicare agli interventi finanziati anche solo in parte dal Pnrr/Pnc, «nonché dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, ivi comprese le infrastrutture di supporto ad essi connesse, anche se non finanziate con dette risorse», sono gli artt. 1, 2 – escluso il comma 4 -, 5, 6 e 8 (che consente l’esecuzione in via d’urgenza generalizzata e senza previa verifica dei requisiti), l’art. 3 (i commi dal primo al sesto).
Sul secondo impianto normativo, sempre restando in tema di procedure di affidamento/aggiudicazione visto che il Rup deve applicare, tra gli altri, anche le varie disposizioni specifiche del Dl 77/2021 e dei vari regolamenti comunitari di semplificazione afferenti il Pnrr/Pnc, emerge la necessità di un chiarimento su quale debba essere il “Codice” da applicare.
Si tratta di capire, in pratica, se i riferimenti utili per la “scrittura” della legge di gara si devono rinvenire nelle disposizioni del “Codice” del 2016 (abrogato a far data dal 1° luglio 2023), richiamate dalle disposizioni dei decreti emergenza (DL 76/2020 e DL 77/2021), oppure se i riferimenti alle norme abrogate devono essere intesi dal responsabile unico come un richiamo alle disposizioni “omologhe” del nuovo Codice dei contratti. Ipotesi questa che, in generale, risulta evidenziata dallo stesso nuovo Codice nell’articolo 226, comma 5, laddove si spiega che «ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti» al Codice del 2016, o «codice dei contratti pubblici vigente alla data di entrata in vigore del codice, si intende riferito alle corrispondenti disposizioni del codice o, in mancanza, ai principi desumibili dal codice stesso».
Alcuni esempi
Ad esempio, la questione si pone immediatamente anche in relazione all’utilizzo delle procedure negoziate del sottosoglia. L’art. 1, comma 2, lett. b), nel disciplinare la fattispecie della procedura negoziata ricorda che la partecipazione deve essere stabilita rispettando «un criterio di rotazione degli inviti». Il nuovo Codice, invece, amplia la partecipazione imponendo la rotazione solamente nei confronti del pregresso affidatario (art. 49).Sempre nel caso, evidentemente, che si tratti di «due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi».
Secondo una lettura, quindi, il Rup degli appalti Pnrr/Pnc, e delle tipologie previste dal comma 8 dell’art. 225, dovrebbe scrivere una legge di gara attingendo non solo dai decreti emergenziali ma, di volta in volta, verificando se la norma “procedurale” del Codice del 2016 sia più o meno gravosa – ed in questo caso escluderne l’applicazione -, della “omologa” previsione stabilita nel nuovo Codice.
Evidentemente occorre un chiarimento ufficiale visto che il problema, ovvio, è che l’attività delle stazioni appaltanti non può rallentare e, soprattutto, il Rup non può restare inerte anche per la dinamica della responsabilità. In questo caso, infatti, al netto della problematica provocata dalle disposizioni, in caso di danni risponderebbe anche per colpa grave e non solo per dolo. In tema, infatti, deve essere ricordata l’estensione dell’efficacia della prerogativa (contenuta nell’articolo 21 del Dl 76/2020) dal 30 giugno 2023 al 30 giugno 2024 – per effetto dell’articolo 1, comma 12 quinquies della legge 74/2023 di conversione del DL 44/2023 -, che affranca (anche) i Rup per danni non derivanti da inerzia dalla responsabilità per colpa grave.
Riferimenti che confermano l’applicabilità del nuovo Codice anche al Pnrr
La prima considerazione che occorre esprimere, nel tentativo di fornire possibili soluzioni pratico/operative al Rup è che il nuovo Codice ha chiaramente definito alcune disposizioni transitorie indicando “chirurgicamente” le previsioni del Codice del 2016 applicabili fino al 31 dicembre 2023 e le norme del nuovo Codice che, invece, le stazioni appaltanti dovranno comunque applicare a far data dal 1° gennaio 2024. Il riferimento è all’articolo 225 da cui emerge in maniera chiara quali siano le norme in parola e quindi una indicazione utile per il responsabile unico del progetto.
Da detto richiamo esplicito si deve desumere, al contrario, che laddove non specificato il legislatore non abbia inteso/voluto estendere l’efficacia di altre disposizioni del Codice del 2016 agli appalti del Pnrr/Pnc.
Il comma in parola, infatti, chiarisce che «in relazione alle procedure di affidamento e ai contratti riguardanti investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal Pnrr e dal Pnc» ed inoltre «dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, ivi comprese le infrastrutture di supporto ad essi connesse, anche se non finanziate con dette risorse, si applicano, anche dopo il 1° luglio 2023», le disposizioni di cui al decreto-legge n. 77/2021, del Dl 13/2023 «nonché le specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal Pnrr, dal Pnc nonché dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030 di cui al regolamento (Ue) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018».
Per evitare, come si diceva, il blocco dell’azione amministrativa contrattuale evidentemente occorre esprime una prima ovvia considerazione: se il legislatore avesse voluto estendere l’efficacia delle ulteriori norme codicistiche (non espressamente richiamate, ad esempio, nell’articolo 225) avrebbe (dovuto) chiaramente esplicitarlo. E questo non è avvenuto. Il richiamo generale a «disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare (…)» non può essere inteso come obbligo per il Rup perchè, in modo chirurgico (ma inaccettabile), operi una attiva di selezione tra i due codici alla ricerca della norma maggiormente semplificata istruendo e (decidendo) la legge di gara.
In questo modo generebbe una “ginepraio” di riferimenti difficile da comprendere e da presidiare, che potrebbe avere per effetto, solo ulteriori contenziosi (si pensi proprio, alla diversa applicazione della rotazione). Sono ampiamente immaginabili le censure per l’applicazione di una norma abrogata il cui differimento di efficacia non risulti da volontà espressa del legislatore. Mentre appare più complicato affermare l’illegittimità derivante dall’applicazione di una norma efficace che non sia stata “sospesa” da precise disposizioni/indicazioni.
In assenza di una precisa disposizione transitoria, ulteriore, il Rup dovrebbe affidarsi alla disposizione “generale” che sancisce che (al netto evidentemente di specifici richiami) il Codice del 2016 è «abrogato» a far data dal 1° luglio 2023. Del resto, anche alla luce del principio di risultato (art. 1) si potrebbe essere indotti, a ragione, a ritenere che il Rup possa anche optare per una applicazione integrale, anche agli appalti di questo tipo, del nuovo Codice al netto, evidentemente, delle disposizioni specifiche – che non sostanziano un richiamo al Codice del 2016 -, contenute nel Dl 76/2020 e nel Dl 77/2021. Ad esempio, in caso di affidamento diretto di beni/servizi non potrebbe assegnare direttamente un appalto di importo pari o superiore ai 139 mila euro (anche se il nuovo Codice prevede la soglia dei 140mila euro). Agendo in questo modo, come detto, fermo restando il rispetto di norme che riguardano specificatamente il Pnrr/Pnc, diventa difficile anche immaginare una censura.
FONTI Stefano Usai “Enti Locali & Edilizia”
