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Accordo quadro, corretto solo formalmente non prevedere un «minimo garantito»

Per la giurisprudenza non c’è alcun obbligo di stipulare i singoli contratti attuativi ma questa conclusione contrasta con i principi di buona fede e tutela dell’affidamento consacrati dal nuovo codice

 

Una recente sentenza del Tar Calabria, Sez. II, 3 ottobre 2024, n. 1415 affronta il tema del rapporto tra l’accordo quadro e i singoli contratti con cui si da attuazione allo stesso, con specifico riferimento alla durata di questi ultimi rispetto alle previsioni del primo. Al di là dell’esame dello specifico profilo preso in considerazione – che rappresenta comunque un elemento non secondario – la pronuncia offre l’occasione per operare qualche considerazione più generale sulla natura dell’accordo quadro e sulle problematiche cui lo stesso da luogo in sede di esecuzione.

Il fatto
Una Stazione unica appaltante (Sua) aveva indetto una gara per l’affidamento di un accordo quadro avente ad oggetto il servizio di ossigenoterapia domiciliare per i pazienti della Regione Calabria. Un concorrente impugnava davanti al giudice amministrativo il disciplinare di gara, ritenendo che la formulazione dello stesso impedisse la presentazione di un’offerta informata e consapevole, rispondente ai principi di trasparenza e concorrenzialità.

In particolare, il ricorrente contestava la clausola del Capitolato speciale che dopo aver previsto che l’accordo quadro avesse una durata di 48 mesi – periodo entro il quale le aziende sanitarie potevano emettere i singoli ordinativi – stabiliva che questi ultimi avrebbero avuto una scadenza allineata a quella dell’accordo quadro, come eventualmente prorogato, a prescindere dalla loro data di emissione.

Secondo il ricorrente questa formulazione comportava una totale incertezza in merito all’effettiva durata dei singoli ordinativi. Ciò violerebbe la regola fondamentale dei contratti pubblici – sancita anche dall’articolo 12 del Rd 2440/1923 – secondo cui i contratti devono avere termini e durata certi. Inoltre, l’attivazione dei singoli ordinativi/contratti comporta delle spese per investimenti che per poter essere ammortizzate necessitano di un periodo minimo e predeterminato di durata.

Di conseguenza, la richiamata previsione del Capitolato renderebbe nei fatti impossibile il calcolo di convenienza ai fini della partecipazione alla gara, con conseguente illegittimità della stessa.

Il Tar Calabria
Il giudice amministrativo ha respinto il ricorso. Ricorda in via preliminare che ai sensi dell’articolo 59 del D.lgs. 36/2023 l’accordo quadro indica il «valore stimato dell’intera operazione contrattuale», cioè l’importo presunto dato dalla somma dei singoli contratti attuativi che si andranno a perfezionare. Tale previsione va letta in coordinamento con quella di cui all’articolo 14, comma 16, secondo cui per gli accordi quadro l’importo da prendere in considerazione ai fini di stabilire l’eventuale superamento della soglia comunitaria è l’importo massimo stimato dei singoli contratti attuativi previsti entro l’intera durata degli stessi accordi quadro.

Da queste disposizioni il Tar deduce che l’accordo quadro è connotato da intrinseci profili di aleatorietà: il concorrente alla gara conosce la misura massima delle prestazioni che potrà essere chiamato ad eseguire, ma non sa l’esatto quantitativo delle prestazioni che verranno effettivamente richieste, dipendendo dal numero e dall’entità dei singoli contratti attuativi che verranno ad essere stipulati.

L’aleatorietà riguarda nello specifico anche la durata dei singoli contratti attuativi, che dipenderà caso per caso dal momento in cui gli stessi vengono attivati. Tuttavia secondo il giudice amministrativo si tratta di un’alea non anomala, ma connaturata allo strumento dell’accordo quadro, che non impedisce all’operatore economico avveduto di formulare la propria offerta con cognizione di causa. Né si può ritenere che tale alea contrasti con la regola secondo cui i contratti pubblici devono avere durata certa. Nei contratti attuativi, infatti, tale durata certa è assicurata, coincidendo con il termine stabilito nel singolo contratto e comunque con il termine ultimo di durata dell’accordo quadro.

L’accordo quadro: natura e caratteri
Per comprendere in che termini più generali si ponga il rapporto tra accordo quadro e singoli contratti attuativi e le problematiche operative che si pongono occorre partire dall’individuazione dei caratteri dell’accordo quadro come definiti dalla giurisprudenza.

Costituisce principio consolidato che l’accordo quadro rappresenta una procedura di scelta del contraente volta a semplificare l’affidamento dei contratti attraverso l’individuazione dei futuri contraenti e prefissando le condizioni di tali contratti da stipulare in un determinato arco temporale, coincidente con la durata dell’accordo quadro. In questa logica, è stato ripetutamente affermato che l’accordo quadro appartiene alla categoria dei così detti contratti normativi, dai quali scaturiscono effetti obbligatori ma non reali. Ciò significa che i relativi effetti si esauriscono nel vincolare i contraenti (stazioni appaltanti e affidatario dell’accordo quadro) a stipulare i contratti attuativi – nella misura in cui effettivamente vi saranno – secondo le condizioni definite nell’accordo quadro.

In sostanza, l’operatore economico affidatario dell’accordo quadro non acquisisce alcun diritto ad eseguire effettivamente le prestazioni oggetto dello stesso nella misura indicata in sede di gara quale valore massimo presunto. La stipula dei singoli contratti attuativi non è preventivamente determinabile né nel numero, né nell’importo né nella durata, dipendendo dalle specifiche esigenze dell’ente appaltante che di volta in volta emergano durante l’arco di validità temporale dell’accordo quadro.

La giurisprudenza – prima comunitaria e poi nazionale – ha individuato un solo limite essenziale che gli enti appaltanti devono rispettare in sede di gara per l’affidamento dell’accordo quadro. Esso consiste nella necessità di indicare il valore massimo stimato delle prestazioni potenzialmente acquisibili, per assicurare la necessaria trasparenza e per garantire da un lato che l’ente appaltante abbia piena consapevolezza dell’impegno economico – almeno potenziale – che assume e dall’altro che i concorrenti abbiano cognizione del massimo sforzo organizzativo che gli può essere richiesto in fase esecutiva.

I singoli contratti attuativi
I principi enunciati dalla giurisprudenza, nella loro applicazione rigorosa, porterebbero a concludere che a fronte della stipula di un accordo quadro non vi è alcun obbligo di stipulare i singoli contratti attuativi, neanche per un importo minimale, né specularmente l’affidatario può vantare alcun diritto al riguardo. Portando alle estreme conseguenze questa conclusione, si dovrebbe ritenere che anche a fronte a un valore stimato dell’accordo quadro di importo significativo, l’ente appaltante può stipulare contratti attutivi di importo notevolmente più contenuto o, estremizzando, non stipulare alcun contratto.

Occorre tuttavia chiedersi se questa conclusione – che costituisce la rigorosa applicazione dei principi giurisprudenziali sopra riassunti – sia pienamente coerente con i principi che governano la contrattualistica pubblica e in particolare con il principio di buona fede e tutela dell’affidamento, oggi consacrato dall’articolo 5 del Dlgs 36.

Occorre infatti considerare che l’affidatario dell’accordo quadro da un lato ha impiegato tempo e risorse per la formulazione della sua offerta; ma soprattutto ha modulato la stessa, anche sotto il profilo della remuneratività, sulla base di un valore presunto dei futuri contratti attutivi che è stato indicato dallo stesso ente appaltante. È infatti evidente che, anche a livello di economie di scala, i termini dell’offerta possono essere significativamente diversi a seconda del volume di affari atteso. Ritenere che questo sia un rischio insito nella struttura tipica dell’accordo quadro, se può essere una risposta corretta sotto il profilo meramente formale, suscita qualche perplessità sotto il profilo sostanziale.

Al riguardo riveste particolare interesse una pronuncia del Tar Liguria, Sez. I, 11 luglio 2023, n. 708, che si pone in parziale controtendenza rispetto all’orientamento dominante.

La vicenda oggetto della pronuncia trae origine da una gara bandita da una stazione unica appaltante per l’affidamento di un accordo quadro relativo al servizio di trasporto scolastico di alcuni comuni della Regione Liguria. L’Accordo quadro stipulato a seguito dell’aggiudicazione prevedeva che l’ammontare del corrispettivo era da considerarsi come valore presunto e non impegnava i singoli comuni a stipulare contratti attuativi per l’importo indicato, che non poteva costituire per l’affidatario un minimo garantito.

Sulla base di questa clausola un comune intendeva stipulare un contratto attuativo a condizioni significativamente peggiorative rispetto alla programmazione iniziale – che era stata recepita dalla Sua nella stima del valore dell’accordo quadro – avendo ad oggetto una percorrenza annua di 41.000 chilometri rispetto ai 150.000 chilometri previsti.

L’affidatario dell’accordo quadro contestava questa scelta evidenziando che l’offerta presentata in sede di gara e sulla base della quale era intervenuta l’aggiudicazione era stata parametrata sulla percorrenza prevista di 150.000 chilometri, con conseguente presunzione di un certo livello di ricavi. Modificandosi in maniera sensibile tale parametro, la remuneratività dell’offerta presentata veniva fortemente compromessa.

A fronte di questa contestazione il comune interessato contestava formalmente all’affidatario l’inadempimento, ritenendo di essere sciolto dal vincolo derivante dall’accordo quadro e potendo quindi affidare il servizio ad altro soggetto. Questa determinazione del Comune veniva impugnata davanti al giudice amministrativo dall’affidatario dell’accordo quadro.

Il Tar Liguria ha accolto il ricorso, ritenendo insussistente il contestato inadempimento. Ha infatti evidenziato che l’affidatario dell’accordo quadro non può essere obbligato ad eseguire un servizio che comporta il riconoscimento di un corrispettivo ridotto di circa il 27% rispetto al valore indicato nell’accordo quadro.

Secondo il giudice amministrativo non può infatti ritenersi esigibile una prestazione che appare all’evidenza non remunerativa. Ciò tenuto presente che tale circostanza non deriva da un errore dell’operatore economico né da una circostanza sopravvenuta e imprevedibile, bensì da un’errata valutazione del comune in sede di programmazione, avendo indicato un chilometraggio presunto di percorrenza di molto superiore a quello che si è rivelato necessario in base alle effettive esigenze.

Ne consegue che la volontà espressa dall’affidatario dell’accordo quadro di non eseguire il servizio alle condizioni previste nel contratto attuativo non può qualificarsi come inadempimento, essendo piuttosto il risultato di un comportamento illegittimo del comune, che ha prima indicato una determinata previsione di percorrenza, poi ha preteso di affidare il servizio sulla base di una percorrenza di molto inferiore.

Secondo il giudice amministrativo, è in questo contesto e sulla base di tali presupposti che vanno interpretate le clausole dell’accordo quadro.

L’indicazione di un valore presunto dell’accordo quadro, parametrato a una certa quantità di prestazioni programmate (nel caso specifico la percorrenza chilometrica prevista), attribuisce al Comune che stipula il singolo contratto attuativo un certo grado di flessibilità. Ma tale flessibilità non può eccedere una soglia ragionevole, individuata nel 20%, perché diversamente verrebbe meno qualunque certezza per gli offerenti alla gara – e di conseguenza per l’aggiudicatario – sulla reale entità dell’oggetto dell’affidamento, con un evidente contrasto con i principi di economicità e attendibilità dell’offerta. Per inciso, il giudice amministrativo ha riconosciuto all’affidatario dell’accordo quadro una somma a titolo di risarcimento danni, sia pure in misura contenuta.

L’interesse della pronuncia risiede nella prospettata possibilità di considerare il valore presunto dell’accordo quadro, se non in termini di minimo garantito, come un parametro che non può essere del tutto ignorato in sede esecutiva, nel senso che se il complesso dei singoli contratti attuativi si discosta in misura sensibile da tale valore all’affidatario viene riconosciuta una specifica forma di tutela.

 

 

 

FONTI     Roberto Mangani     “Enti Locale & Edilizia”

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