Le piattaforme sono il substrato informativo dei due tipi di digitalizzazione previsti nel Codice
Il nuovo codice dei contratti pubblici rivoluziona il modo di affrontare la realizzazione di un’opera, stabilendo come principio prevalente quello dell’ottenimento del risultato (articolo 1 del Dlgs n.36/23), finalizzato all’aumento della competitività e della produttività dell’intero sistema delle costruzioni, storicamente fanalino di coda tra le attività industriali. La trasformazione digitale, fondamentale per il raggiungimento del risultato, si esprime sia attraverso l’e-procurement, ovvero il “ciclo di vita digitalizzato del contratto pubblico”, sia attraverso la “gestione informativa digitale” (GID) per la programmazione, progettazione, realizzazione e gestione “tecnica” dell’opera.
Questi sono i driver per il cambiamento dei processi all’interno delle Stazioni Appaltanti, abilitati dalle tecnologie digitali. In linea con quanto già prefigurato dal precedente codice D.Lgs. 50/16 e dai relativi decreti attuativi riguardanti la GID (n. 560/2017 e 312/2020, abrogati), entro il 1° gennaio 2025 (ma invero già dal 2017) le stazioni appaltanti dovranno avere formato il personale, acquisito gli strumenti hardware e software e adottato un atto di organizzazione che definisca le procedure GID. Dal 2025 saranno infatti tenute ad appaltare le opere di importo pari o superiore al milione con la gestione informativa (soglia che dovrebbe auspicabilmente essere attualizzata nella revisione di fine anno del nuovo Codice).
Le piattaforme sono il substrato informativo dei due tipi di digitalizzazione previsti nel Codice.
Nel caso della GID, sono costituite da un “Ambiente di Condivisione Dati” (ACDat), cioè un ambiente digitale di raccolta organizzata e di condivisione dei dati dell’opera, strutturato secondo modelli informativi ed elaborati digitali, e che garantisca sicurezza per l’accesso e tracciabilità. L’e-Procurement invece, concentrato sulla fase di pre-aggiudicazione e di aggiudicazione dell’opera, include un ampio spettro di sistemi informativi basati sull’interoperabilità, che tracciano il ciclo di vita digitalizzato del contratto pubblico, fin dalla programmazione. Sarebbe auspicabile un collegamento tra i due mondi, disposto anche sul piano normativo e legato con al controllo tecnico e contabile in fase di esecuzione.
Il Codice sottolinea l’opportunità che la modellazione informativa digitale (BIM, building information modeling) ) sia strettamente interconnessa con l’ambiente di Project Management, così che gli oggetti strutturali in esecuzione (cd. “wbs”) siano inclusi nelle caratteristiche tecniche degli oggetti che compongono i modelli informativi BIM, per una gestione multidimensionale e coerente del processo, che consenta di tenere sotto controllo tempi e costi.
Se poi gli ambienti di condivisione dei dati (ACDat) fossero interoperabili con la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, gli scenari si arricchirebbero. Un passo ulteriore sarebbe l’interconnessione tra le piattaforme (o insiemi di piattaforme) ed i sistemi di gestione e controllo contabile e finanziario dell’investimento, come ad esempio la Piattaforma REGIS di rendicontazione del PNRR. In questo modo l’ACDat acquisirebbe una valenza contrattuale sia nella fase di affidamento sia in quella d’esecuzione, innestandosi nei sistemi informativi di programmazione, controllo e rendicontazione, nell’ambito del medesimo ecosistema digitale della piattaforma di approvvigionamento. La GID si basa sugli scambi informativi tra la SA e l’Appaltatore, che avvengono attraverso una serie di documenti: il capitolato informativo con la definizione dei requisiti informativi a cura della SA, l’offerta di gestione informativa e il piano di gestione informativa, che al proprio interno comprende, tra l’altro, i piani di consegna dei BIM.
In proposito, l’Allegato I.9 al Codice, evoluzione del DM n. 560/17 e in continuità con quest’ultimo, rimanda alla normativa tecnica sovranazionale e internazionale, non cogente a livello nazionale, che può costituire utile riferimento tecnico per l’applicazione della GID nelle costruzioni. A livello nazionale è citata la UNI 11337 come riferimento utile, mentre la ISO EN 19650 è richiamata quale riferimento obbligatorio.
Al momento, sono al lavoro le commissioni per l’aggiornamento degli standard ed è quasi pronta una norma tecnica che guiderà le SA nella predisposizione di tutti i documenti necessari, in chiave organizzativa e tecnica.
Nell’Allegato I.9 sono anche indicati i passaggi da svolgersi per la corretta gestione informativa delle opere nelle fasi di gara, di esecuzione, di consegna, di verifica della documentazione e dei dati. Il capitolato informativo è parte integrante già a partire dalla formulazione del quadro delle esigenze e dal documento di indirizzo alla progettazione (DIP), in modo da mantenere coerenti i requisiti contenutistici e quelli informativi. Viene anche chiarito che la predisposizione del capitolato informativo iniziale è a carico del RUP, coadiuvato dal coordinatore dei flussi informativi (BIM Coordinator), il quale dovrà relazionarsi con il gestore dei flussi informativi (BIM Manager) della Stazione Appaltante.Spetta ora al Governo comunicare la visione d’insieme per tali importanti sviluppi, assumendo una leadership forte , che coinvolga il settore e favorisca un quadro collaborativo, così come raccomandato dalla Commissione Europea. Ciò richiede attenzione verso le persone e il loro atteggiamento nei confronti del cambiamento. È possibile vincere le naturali resistenze alle novità coinvolgendo, soprattutto nelle fasi iniziali, le parti interessate e che ricoprono ruoli di responsabilità nei vari contesti: questo profilo è essenziale per il successo della riforma, e deve essere meglio recepito.
Occorre resistere anche alla digitalizzazione “facile”, cioè basata su strumenti, offerte formative o supporti di carattere riduzionista, che privilegiano gli aspetti formali dei vari adempimenti rispetto a quelli sostanziali.
FONTI Pietro Baratono “Enti Locali & Edilizia”