I dati dell’ osservatorio aperto dell’Anac. Nei servizi percentuale al 94%, nei lavori è affidamento diretto una volta su due. Webuild impresa principe nei cantieri. Rfi, Consip e Invitalia prime tra le stazioni appaltanti
Ammontano a 90 miliardi gli appalti banditi grazie a un finanziamento (anche parziale) proveniente dal Pnrr o dal Piano nazionale complementare (Pnc). Ma la corsa a far presto spinge le amministrazioni a rivolgersi a ditte di fiducia evitando le gare, grazie alle semplificazioni e ai tetti più alti per l’affidamento diretto garantiti dai decreti d’urgenza (dl 77/2021 e Dl 13/2023) poi stabilizzati dal nuovo codice degli appalti. I numeri, ricavabili dal portale dei dati aperti sui contratti pubblici in Italia appena implementato dall’Anac e sintetizzati nella tabella correlata, dicono che ben 127.336 procedure delle 153.253 finanziate con fondi Pnrr-Pnc riguardano affidamenti diretti. In percentuale significa che l’83% dei contratti è stato o verrà assegnato dai funzionari pubblici a imprese di fiducia, senza concorrenza su prezzo e/o requisiti e senza neppure il bisogno di confrontare due o più preventivi. Forse c’è la garanzia di sbrigarsi, ma non quella di spuntare il miglior prezzo o la migliore qualità in termini di prestazione. Di sicuro manca la garanzia di trasparenza.
Sono gli appalti di servizi il settore in cui l’affidamento diretto è la formula più gettonata. Qui le assegnazioni fiduciarie sono 75.873 sulle 81mila totali, con una percentuale del 93,8% (che sale al 94,16% escludendo le poche procedure rilevate nei settori speciali). Percentuale molto alta anche nelle forniture dove gli affidamenti fiduciari sono l’89% (35.207 su 39487 procedure totali). Nei lavori si scende al 49,4 per cento. Ma c’è poco da festeggiare. Primo: perché significa comunque che un cantiere su due viene affidato senza alcun confronto competitivo. Secondo: perché se a questi numeri si aggiungono le 11.223 procedure negoziate, la percentuale dei lavori affidati senza una gara aperta a tutti sale all’83,8 per cento.
I lavori hanno percentuali più basse perché oltre certe soglie di importo l’affidamento diretto risulta impraticabile per motivi oggettivi oltre che per ragioni squisitamente normative. E negli appalti pubblici bastano pochi grandi cantieri ad assorbire la gran parte degli importi in gioco. Questo è anche il motivo per cui le percentuali degli affidamenti senza gara si fanno sui numeri delle procedure e non sul loro valore. Basta pensare che ben 54,3 miliardi degli 88,8 totali (derivanti da bandi al disopra di 40mila euro, pari al 61%) sono garantiti da soli 498 bandi di importo superiore ai 25 milioni di euro (con un importo medio di 109 milioni ciascuno). Ma non è qui che si fanno i numeri degli appalti affidati all’ombra delle regole della trasparenza. Il mercato “grigio” si alimenta tramite i rivoli garantiti da migliaia di micro-appalti.
Le procedure comprese tra 40mila e 150mila euro, il regno degli affidamenti diretti, in ambito Pnrr, al momento sono 33.100, vale a dire il 62,8 per cento. E garantiscono una torta di 2,7 miliardi di euro. Poco forse in confronto al totale, ma non certo in termini assoluti. Un dato cui vanno peraltro aggiunti gli altri 1,2 miliardi di euro derivanti dai micro-appalti sotto i 40mila euro (90 meno 88,8 miliardi) esclusi da questa particolare rilevazione sulla tipologia dei contratti ma che comunque vengono affidati (con circa 100mila contrattini, in termini numerici la gran parte del totale) all’ombra degli obblighi di gara e spesso (sotto i cinquemila euro) anche al riparo dei vincoli di rotazione degli aggiudicatari.
Volendo rappresentare gli appalti Pnrr in termini di valore, oltre che di numeri, si scopre che sono i cantieri a farla da padrone con bandi per 36,1 miliardi nei settori ordinari e altri 23,5 nei settori cosiddetti speciali (trasporti, con le Ferrovie protagoniste, acqua, energia), per un totale di 59,6 miliardi (66,2%). Seguono le forniture (con 15,4 miliardi tra settori ordinari e speciali) e poi i i servizi, con 14,6 miliardi.
Considerati nell’insieme sono i Comuni, con 14.420 procedure all’attivo, le stazioni appaltanti più impegnate nel Pnrr. Se però si scende nella Top 10 dei singoli enti coinvolti nell’attuazione del Pnrr in testa alla classifica si trovano le società del Gruppo Ferrovie. Nella graduatoria stilata per importo dei bandi messi a gara al vertice c’è Rfi (con bandi per 12,7 miliardi), cui vanno aggiunti i 2,4 miliardi di Trenitalia (al quinto posto). Al secondo posto figura Consip (con 11,5 miliardi), seguita da Invitalia (9,1 miliardi). La società per l’attrazione degli investimenti è invece al primo posto per numero di procedure promosse (688), seguita dal Cnr (455) e da Asmel consortile (centrale di committenza promossa dall’associazione di Comuni Asmel).
Interessante è anche il quadro delle maggiori imprese chiamate in causa nella realizzazione degli interventi Pnrr. Quando si parla di cantieri la regina è Webuild con l’aggiudicazione di contratti per 5,8 miliardi ottenuti grazie alla vittoria di soli 4 bandi di gara, tre promossi da Rfi (due per l’Av Palermo-Catania e uno sulla Salerno-Reggio Calabria) a cui va aggiunto l’appalto da quasi un miliardo per la diga foranea di Genova. Anche Ghella e Pizzarotti figurano tra le imprese vincitrici di appalti miliardari, ma va detto che in buona parte dipende dal fatto che nelle procedure di maggior valore figurano al seguito di Webuild, che guida le compagini in qualità di capogruppo.
Link utili La tabella con i dati per importi e settori
FONTI Mauro Salerno “Enti Locali & Edilizia”
