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Appalti pubblici: no ad abusi sul principio del risultato

Il principio cardine del nuovo Codice Appalti non può trasformarsi in una deroga alla tutela della concorrenza e della par condicio nelle procedure di gara

 

L’applicazione del principio del risultato e del principio della fiducia non può consentire all’Amministrazione di violare i criteri che rappresentano il sestante delle procedure di gara, ossia la tutela della concorrenza e la par condicio competitorum.

Se è vero infatti che l’Amministrazione deve tendere al miglior risultato possibile, in difesa dell’interesse pubblico, tale risultato deve essere comunque il più ‘virtuoso’ e viene raggiunto selezionando gli operatori che dimostrino, fin dalle prime fasi della gara, diligenza e professionalità, quali espressione di una affidabilità che su di essi dovrà essere riposta al momento in cui, una volta aggiudicatari, eseguiranno il servizio oggetto di affidamento.

Principio del risultato: no a utilizzo indiscriminato nelle procedure di gara
Pur trattando un caso in vigenza del d.Lgs. n. 50/2016, i “super principi” del nuovo Codice dei Contratti Pubblici sono stati tirati in ballo nell’ambito di un contenzioso per l’aggiudicazione di un servizio di trasporti, oggetto della sentenza del Consiglio di Stato del 25 settembre 2024, n. 7798.

La procedura prevedeva dei criteri premiali, finalizzati all’attribuzione di un punteggio aggiuntivo sull’offerta tecnica (nello specifico, l’utilizzo per l’espletamento del servizio di mezzi “ecologici”, ammessi alle agevolazioni di cui all’art. 3 del Decreto del Ministero delle Infrastrutture del 12.7.2022).

La SA, dopo la verifica di congruità dell’offerta della prima classificata, che ha presentato una documentazione a correzione dei mezzi utilizzati, ha disposto l’aggiudicazione in suo favore.

Da qui il ricorso della seconda classificata, che il TAR ha accolto in quanto i mezzi indicati dalla società aggiudicataria nell’offerta tecnica non rientravano tra quelli ammessi alle agevolazioni di cui all’art. 3 del Decreto del Ministero delle Infrastrutture del 12.7.2022 per cui non potevano meritare il punteggio aggiuntivo.

Offerta tecnica: no a modifiche oltre il termine di presentazione se non è errore materiale
Ne è seguito l’appello al Consiglio di Stato: secondo l’appellante, il principio del risultato avrebbe condotto in ogni caso ad esercitare il potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione nella scelta del contraente, tenendo anche presente il valore oggettivo della prestazione offerta sin dall’inizio dall’originaria aggiudicataria della commessa.

Spiega Palazzo Spada che i mezzi indicati dalla società appellante nell’offerta tecnica non rientravano tra quelli ammessi alle agevolazioni di cui all’art. 3 del Decreto del Ministero delle infrastrutture del 12.7.2022.

Se da parte sua l’OE parla di errore nella redazione dell’offerta tecnica, la documentazione inviata dopo costituisce una modifica sostanziale dell’offerta tecnica da ritersi del “tutto inammissibile in quanto proposta oltre il termine di scadenza per la partecipazione alla gara.

Come più volte chiarito dalla giurisprudenza di settore, l’errore materiale in cui è incorso l’operatore economico nella compilazione dell’offerta tecnica è emendabile quando, nel contesto dell’offerta, esso è riconoscibile come tale dalla stazione appaltante perché non sussistono dubbi circa la volontà del concorrente, e lo stesso può essere rettificato senza ricorrere a fonti esterne all’offerta.

L’errore materiale che non inficia l’offerta del concorrente deve sostanziarsi in un mero refuso materiale riconoscibile ictu oculi dalla lettura del documento dell’offerta; la sua correzione deve a sua volta consistere nella mera riconduzione della volontà (erroneamente) espressa e quella, diversa, inespressa ma chiaramente desumibile dal documento, pena l’inammissibile manipolazione o variazione postuma dei contenuti dell’offerta, con violazione del principio della par condicio dei concorrenti.

L’operazione di correzione dell’errore materiale deve fondarsi su elementi significativi dell’errore desumibili dall’atto stesso, e non già da fonti esterne, quali atti chiarificatori o integrativi dell’offerta in gara, potendo, peraltro, l’interprete fare ricorso a una, purché minima, attività interpretativa, finalizzata alla correzione di errori di scritturazione o di calcolo.

Nel caso in esame l’appellante ha inteso effettuare una rettifica postuma dell’offerta tecnica, dopo il termine di scadenza per la partecipazione alla gara e nell’ambito del sub – procedimento di valutazione dell’anomalia, e soprattutto pur avendo ribadito la categoria dei mezzi offerti in gara, alterando successivamente i contenuti dell’offerta tecnica, e perseguendo un vantaggio competitivo in violazione principio di parità tra i concorrenti.

Il principio dell’immodificabilità dell’offerta
Sul punto Palazzo Spada ricorda che la materia degli appalti pubblici è, in quanto espressione di interessi pubblici generali, informata al rispetto dei principi generali, di derivazione costituzionale e unionale, di imparzialità, buon andamento, trasparenza dell’agire (v. artt. 97, 41 e 43 Cost.), nonché all’eludibile tutela dei principi di concorrenza e di par condicio tra gli operatori economici che prendono parte alla procedura concorsuale (v. artt. 101 e 102 TFUE).

Conseguenza diretta dell’applicazione di tali tutele è la garanzia dei principi generali della immodificabilità e della non ambiguità dell’offerta, posti a tutela della imparzialità e trasparenza nell’agire della Stazione appaltante.

Si tratta di principi che vanno coniugati con quello di autoresponsabilità, per cui ciascuno dei concorrenti ‘sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione’. All’impresa che partecipa a pubblici appalti è richiesto un grado di professionalità e di diligenza superiore alla media: una diligenza che non riguarda solo l’esecuzione del contratto, ma anche le fasi prodromiche e genetiche, tra cui, in primo luogo quella della redazione degli atti necessari alla partecipazione alla gara.

Principio del risultato non può violare la tutela della concorrenza e della par condicio tra OE
Né, infine, si può condividere la tesi per cui il TAR non avrebbe tenuto conto del ‘principio del risultato’ e di quello della ‘fiducia’, recentemente introdotti dal d.lgs. n. 36 del 2023, in quanto ‘l’enfatizzazione del principio del risultato non può portare a massimizzare il valore oggettivo della prestazione offerta sin dall’inizio dall’originario aggiudicatario della commessa’.

Questo perché non si può ritenere che l’applicazione del ‘principio del risultato’ e del ‘principio della fiducia’ possa consentire all’Amministrazione di violare i criteri che rappresentano il sestante delle procedure di gara, ossia la tutela della concorrenza e la par condicio competitorum.

Se è vero che l’Amministrazione deve tendere al miglior risultato possibile, in difesa dell’interesse pubblico, tale risultato deve essere comunque il più ‘virtuoso’ e viene raggiunto selezionando gli operatori che dimostrino, fin dalle prime fasi della gara, diligenza e professionalità, quali espressione di una affidabilità che su di essi dovrà essere riposta al momento in cui, una volta aggiudicatari, eseguiranno il servizio oggetto di affidamento.

L’appello è stato quindi respinto, confermando la decisione del giudice di primo grado sull’illegittima aggiudicazione in favore del concorrente che aveva modificato l’offerta oltre i termini di scadenza per la presentazione.

 

 

FONTI     “LavoriPubblici.it”

Categorized: News

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