La neopresidente Ance: «Lettere dalle banche confermano l’alt all’acquisto di crediti, è allarme. Il governo apra un tavolo che rimoduli il Superbonus e lanci una politica industriale di lungo periodo»
«Il week end è stato drammatico: le lettere inviate dalle banche alle imprese in queste ore confermano che, nonostante il decreto legge Aiuti sembrasse aver trovato una soluzione, il blocco dell’acquisto dei crediti continua». L’esordio di Federica Brancaccio, presidente dell’Ance da cinque giorni, è tutto rivolto a fronteggiare l’aggravarsi dell’emergenza Superbonus. «Sulla nostra chat interna – dice – arriva una valanga di messaggi di imprese disperate: spero sia chiaro che stiamo rischiando decine di migliaia di fallimenti. E poiché Ance è un’organizzazione seria e responsabile, al governo dico: convocateci a un tavolo in cui mettiamo a punto una exit strategy da questa situazione che cambia regole ogni settimana e mette le imprese con le spalle al muro. Una exit strategy che abbia al proprio interno una rimodulazione sostenibile dei bonus e la conferma dell’obbligo di qualificazione per chi fa questi lavori, ma anche una politica industriale di medio e lungo periodo per il settore delle costruzioni con una strategia forte per il risparmio energetico sul patrimonio immobiliare in linea con le raccomandazioni Ue, subito la legge sulla rigenerazione urbana che superi gli standard del 1968 e consenta ai privati di intervenire nelle città, una normativa semplificata sui vincoli ambientali e culturali che renda possibile intervenire sulle rinnovabili in tempi non lunghissimi».
E gli extracosti dati dai rincari di materiali ed energia, Presidente Brancaccio, non sono un problema?
Quelli sono un problema enorme ma per fortuna su quelli si è lavorato e si sta lavorando, almeno sul fronte dei lavori pubblici. Restano i rischi legati alla concreta attuazione delle misure e la necessità di introdurre una vera revisione prezzi secondo gli standard internazionali, ma si è fatto comunque un grande sforzo ed è stato adottato un buon metodo di cui diamo atto al governo. Invece sul blocco del Superbonus si procede a strappi, si cambiano le carte in tavola, si rischia davvero di far saltare il settore, con un costo sociale enorme. Alle imprese prima si è reso disponibile un plafond di crediti per finanziare i lavori, ora si dice che il plafond non c’è più. Mettiamoci al tavolo e ragioniamo con serietà prima che sia troppo tardi. Abbiamo giugno e metà di luglio, forse, perché poi arrivano la conversione del decreto legge Aiuti e la legge di bilancio. O individuiamo soluzioni che entrino in questi veicoli o sarà troppo tardi.
Con quali conseguenze?
Delle imprese ho detto. Ci tengo a dire che da parte delle imprese serie e solide non c’è stato un azzardo morale, si è agito sulla base delle regole vigenti e delle disponibilità concordate. Aggiungo che si scatenerà un contenzioso enorme fra imprese e condomini. Anche fra i committenti, sopravviveranno i lavori nelle villette e nei condomini ricchi, che potranno pagarsi i lavori e incassare poi loro il credito negli anni successivi. Il contrario di quello che si voleva fare, aiutando le periferie e i meno ricchi. E perderemo uno dei grandi benefici che il Superbonus ha portato al Paese: ha reso consapevoli i cittadini della necessità di intervenire per rendere le proprie case più sostenibili energeticamente e ambientalmente.
Poi c’è il lavoro.
Conseguenze drammatiche le vedo anche per i lavoratori. Il settore – che ha fatto un altro +10% di ore lavorate – rischia anche di perdere i posti creati con questa ripresa. Ma non sarà solo un terremoto sociale: senza una exit strategy delineata bene e subito, un prezzo grave lo pagherà il Paese intero.
In che senso?
Bisogna ricordare che gran parte della crescita del 2021 – e anche del 2022 – l’ha fatta l’edilizia. Capiamo i problemi di finanza pubblica, che si vanno acuendo, ma fermare il Paese non può essere la soluzione. Per non parlare dell’attuazione del Pnrr: se non monetizziamo i bonus che le imprese hanno in pancia arriveremo all’attuazione del Superbonus con il settore decimato. Ma chi li farà quei lavori?
In Parlamento già si profila la partita sulla qualificazione. Con gli artigiani schierati contro.
Non credo possibile che governo e Parlamento possano fare marcia indietro su una norma di serietà come la qualificazione delle imprese che realizzano i lavori. È l’unica strada possibile per distinguere chi è serio da chi non lo è, chi ha le attrezzature da chi non le ha, chi ha lavoratori e fa sicurezza da chi non la fa. Con quale faccia si può tornare indietro da questo? Se poi non piace la qualificazione Soa e ce n’è un’altra che porta allo stesso risultato, parliamone. Ma senza prenderci in giro.
FONTI Giorgio Santilli “Edilizia e Territorio”