Skip to content
Close
Hit enter to search or ESC to close

Cct a costituzione facoltativa, sulle controversie decide il giudice ordinario

La creazione del Collegio consultivo tecnico è obbligatoria nei lavori soprasoglia, in tutti gli altri casi la sua istituzione integra un accordo di diritto privato tra le parti

 

Il Collegio consultivo tecnico (Cct) è un organo con funzioni consultive, conciliative e decisorie, la cui funzione è di «prevenire le controversie o consentire la rapida risoluzione delle stesse o delle dispute tecniche di ogni natura che possono insorgere nell’esecuzione dei contratti» (art. 215, comma 1, d. lgs 36/23). Deve essere costituito obbligatoriamente, nella fase di esecuzione del contratto, per i lavori diretti alla realizzazione di opere pubbliche di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza europea. La costituzione, a seguito del correttivo, è invece facoltativa per servizi e forniture.

Il Tar Veneto, con la sentenza n. 1999 del 5 novembre 2025 chiarisce la natura giuridica dell’atto di costituzione facoltativa del Cct e le conseguenze che ne derivano sul riparto di giurisdizione. Il giudice veneto afferma che la convenzione di costituzione di un Cct, in assenza di un obbligo di legge, integra un accordo di diritto privato, espressione dell’autonomia negoziale delle parti contraenti e non un esercizio di potere autoritativo della Pa. Ne discende che eventuali controversie relative alla validità, efficacia o esecuzione di tale accordo, come anche quelle attinenti alle determinazioni del Collegio, rientrano nella competenza del giudice ordinario.

Il Tar esclude che l’accordo costitutivo possa essere qualificato come accordo ex art. 11 della legge n. 241 del 1990, poiché non si tratta di un’intesa sostitutiva o integrativa del provvedimento amministrativo, bensì di un negozio ad effetti processuali volto a regolare consensualmente la risoluzione di una controversia contrattuale. Il Cct, nella configurazione facoltativa prevista dal codice, rappresenta infatti anche uno strumento alternativo di composizione delle liti di natura contrattuale, analogo all’arbitrato irrituale, disciplinato dall’art. 808-ter c.p.c., e fondato sulla libera adesione delle parti.

Pertanto, la relativa impugnazione non può essere devoluta alla giurisdizione amministrativa, neppure in sede di giurisdizione esclusiva, ma appartiene al giudice civile. Tale conclusione è coerente con l’impianto del Dlgs 36/2023, che disciplina il Cct come strumento di prevenzione e risoluzione stragiudiziale delle controversie, idoneo a produrre effetti contrattuali in virtù del consenso espresso dalle parti e non in forza di un potere unilaterale della Pa.

Ne deriva che, anche gli atti amministrativi prodromici all’accordo (come delibere o decreti dirigenziali autorizzativi) non assumono natura provvedimentale, costituendo mere manifestazioni di volontà dell’ente finalizzate alla stipula del contratto. Si tratta di atti a contenuto non autoritativo, insuscettibili di sindacato in sede di giurisdizione amministrativa.

La sentenza consolida un orientamento emergente secondo cui il Cct facoltativo è un istituto di diritto privato e tale carattere produce effetti sostanziali e processuali come quello di sottrarre alla competenza del giudice amministrativo le controversie sulla nomina e revoca dei suoi componenti (Tar Calabria, Catanzaro, Sez. I, 11 novembre 2024, n. 1582)

 

Il caso sottoposto al Tar
La controversia trae origine dall’attivazione, da parte di una regione, di un Collegio Consultivo Tecnico in relazione a un contratto di concessione avente ad oggetto la progettazione, costruzione e gestione di un’infrastruttura autostradale. Dopo l’ultimazione dei lavori e l’entrata in esercizio dell’opera, era sorta una divergenza tra concedente e concessionario circa il calcolo e l’aggiornamento del canone di disponibilità dovuto ai sensi della convenzione di concessione.

A fronte di tale disaccordo, la giunta regionale aveva deliberato l’attivazione di un Cct, ritenendo opportuno ricorrere a questo strumento per dirimere la questione. A seguito dell’approvazione dello schema di accordo e dell’assenso espresso dal concessionario, le parti avevano sottoscritto la convenzione costitutiva del Collegio, attribuendo alle determinazioni di quest’ultimo efficacia di lodo contrattuale ex art. 808-ter c.p.c.

Il Cct, regolarmente insediato, aveva poi emesso due determinazioni: la prima concernente la risoluzione del quesito relativo al canone di disponibilità, la seconda inerente alla liquidazione dei compensi dei propri componenti. Il concessionario, ritenendo illegittima la costituzione del Collegio e viziata la sua composizione per conflitti di interesse di due membri, aveva proposto ricorso al Tar chiedendo l’annullamento della convenzione costitutiva e degli atti ad essa presupposti e conseguenti.

La Regione resistente eccepiva, per contro, l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, sostenendo che l’accordo costitutivo del Cct costituiva un negozio di diritto privato e che, pertanto, la relativa impugnazione doveva essere proposta innanzi al giudice ordinario.

 

La decisione del Tar
Il Tar accoglie l’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione, dichiarando inammissibile il ricorso e affermando la competenza del giudice ordinario a conoscere della controversia.

Il collegio osserva che la convenzione costitutiva del Cct richiama espressamente gli articoli 215 e seguenti del decreto legislativo n. 36 del 2023, dai quali si ricava la natura di strumento di risoluzione alternativa delle controversie, destinato a prevenire o risolvere in via consensuale le dispute insorte nell’esecuzione dei contratti pubblici.

Sulla base di tale inquadramento, il giudice amministrativo qualifica la convenzione istitutiva del Collegio come un negozio giuridico ad effetti processuali, analogo all’accordo compromissorio, mediante il quale le parti manifestano la volontà di sottrarre la lite alla giurisdizione statale, affidandone la soluzione a un organo di natura privatistica. L’atto di costituzione, pertanto, non può essere considerato un esercizio di potere pubblico, ma un contratto, la cui validità ed efficacia vanno vagliate secondo le regole civilistiche.

Il Tar esclude, altresì, con motivazione articolata, che la stipula della convenzione costituisca un accordo ex art. 11 della legge n. 241 del 1990. Manca, infatti, l’elemento tipico dell’accordo sostitutivo, ossia l’esercizio consensuale del potere amministrativo. L’atto di costituzione del Cct non sostituisce né integra alcun provvedimento, né costituisce espressione di discrezionalità amministrativa. Esso è, al contrario, un atto paritetico, stipulato da due soggetti su un piano di uguaglianza giuridica, volto a disciplinare una modalità di composizione della lite.

La presenza di delibere e decreti regionali preliminari non muta la natura dell’atto. Tali determinazioni, spiega il Tar, costituiscono mere manifestazioni di volontà necessarie per la formazione del consenso dell’ente, ma prive di contenuto autoritativo. Si tratta di atti interni, di natura endoprocedimentale o gestionale, che non incidono unilateralmente nella sfera giuridica del concessionario.

La convenzione di costituzione del Cct, come pure gli atti di nomina dei componenti, non rientrano, quindi, nell’ambito di giurisdizione del giudice amministrativo. Le eventuali questioni relative alla validità o alla nullità dell’accordo devono essere fatte valere davanti al giudice civile, mediante gli ordinari rimedi di diritto privato, così come le azioni di annullamento del lodo contrattuale ai sensi dell’art. 808-ter, comma 2, c.p.c.

Il Tar sottolinea, infine, che la funzione del concedente nella costituzione del Cct non è quella di esercitare poteri pubblicistici, ma quella di parte contrattuale che, insieme all’altra, sceglie liberamente di affidare a un collegio la definizione di una controversia insorta nella fase esecutiva del contratto. Anche la designazione dei membri del Collegio non implica l’esercizio di potere autoritativo, ma rientra nella fisiologia del rapporto negoziale, assimilabile a un mandato conferito congiuntamente dalle parti.

Pertanto, non essendo configurabile alcuna attività autoritativa, il giudice amministrativo difetta di giurisdizione, dovendo le questioni essere devolute al giudice ordinario, eventualmente investito dell’azione di annullamento del lodo contrattuale già proposta in parallelo.

 

Considerazioni conclusive
La pronuncia consolida la distinzione tra l’attività autoritativa della Pa, che implica l’esercizio di poteri pubblicistici e pertanto ricade nella giurisdizione amministrativa, e l’attività negoziale, in cui l’amministrazione agisce «iure privatorum», in posizione di parità con il privato. In quest’ultimo ambito, la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

Il Cct, quando istituito facoltativamente, si colloca inequivocabilmente nel secondo ambito. L’amministrazione, in tale veste, non esercita un potere, bensì esprime una volontà negoziale.

La motivazione del Tar appare altresì coerente con la ratio del nuovo codice, che, nel disciplinare il Cct, ha inteso creare un modello di prevenzione e gestione consensuale dei conflitti, sottratto al formalismo del contenzioso giurisdizionale. L’intento del legislatore è quello di promuovere strumenti collaborativi tra stazioni appaltanti e operatori economici, fondati su fiducia, cooperazione e rapidità decisionale. L’attribuzione al giudice ordinario delle eventuali controversie relative all’accordo o al lodo è in linea con tale impostazione, trattandosi di controversie su diritti soggettivi derivanti da un contratto, non di impugnazioni di atti amministrativi.

La pronuncia chiarisce che, in assenza di un obbligo legale di costituire il Cct, la sua attivazione dipende da un accordo negoziale paritetico, non riconducibile all’esercizio del potere pubblico. Di conseguenza, tutte le questioni inerenti alla sua validità, composizione o funzionamento sono di competenza del giudice ordinario.

 

 

 

FONTI    Filippo Bongiovanni     “Enti Locali & Edilizia”

Categorized: News