L’applicazione torna a essere limitata ai cantieri. Novità anche su compensi e requisiti dei componenti. Mancano indicazioni puntuali sul regime transitorio.
Il Correttivo al Codice dei contratti pubblici (Dlgs. n. 36/2023) ha introdotto numerose modifiche alla disciplina del Collegio consultivo tecnico (Cct), al fine di consolidare l’istituto «come strumento di prevenzione delle controversie, con nuove limitazioni ai costi e facoltà di ricorrere a lodi contrattuali» (cfr. comunicato stampa del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 21 ottobre 2024).
In particolare, il Dlgs. n. 209/2024 è intervenuto attraverso una riforma degli artt. 215, 216, 217 e 219 del Codice e mediante un’integrale sostituzione dell’Allegato V.2, il quale ha subito un’incisiva riscrittura rispetto al testo previgente volta a garantire maggiore coerenza normativa e a coordinare il Codice con le Linee guida del 2022, che restano applicabili solo in materia di compensi.
Il testo definitivo, adottato nel Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2024, ha recepito solo in parte i rilievi critici del Consiglio di Stato (pronunciatosi con parere n. 1463 del 2 dicembre 2024) e dell’VIII Commissione del Senato della Repubblica.
L’ambito di applicazione del Cct: un revirement e alcuni punti ancora aperti
La prima rilevante modifica del Correttivo consiste nella riduzione dell’ambito di applicazione del Cct (cfr. art. 215 del Codice).
Torna dunque a prevalere lo schema introdotto dalla disciplina emergenziale (cfr. art. 6, Dl n. 76/2020 e s.m.i.), prevedendo la costituzione del Cct per i soli contratti di lavori diretti alla realizzazione di opere pubbliche, «incluse quelle realizzate tramite contratti di concessione o di partenariato pubblico privato», e superando l’obbligatorietà dell’istituto per i contratti di forniture e di servizi di importo pari o superiore a 1 milione di euro.
La revisione normativa risponde all’esigenza di chiarire l’ambito applicativo dell’istituto, recependo alcuni orientamenti sull’obbligatorietà nell’ambito dei contratti di concessione (si v., da ultimo, il Parere del Servizio Supporto Giuridico del Mit n. 2874/2024), e accogliendo le proposte di espunzione avanzate da alcuni stakeholders (si v., in particolare, le proposte di Consip e di Assorup), che avevano evidenziato la scarsa utilità pratica del Cct per appalti meno complessi.
Inoltre, il Correttivo conferma l’obbligatorietà del Cct anche per i settori speciali (cfr. art. 141, comma 3, lett. i-bis), non recependo la proposta dell’VIII Commissione del Senato che, alla luce della scarsa conflittualità del settore, aveva suggerito di rendere sempre facoltativa la costituzione del Cct in tali ipotesi oppure, in subordine, di innalzare le soglie di obbligatorietà (25 milioni di euro per i contratti di lavori e 15 milioni di euro per i contratti di servizi e forniture).
Il Correttivo lascia ancora aperti alcuni dubbi sull’ambito di applicazione del Cct con specifico riferimento alla realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo oneri da parte dei soggetti privati (cfr. art. 13, comma 7, e Allegato I.12, del Codice), la cui fase di esecuzione non è soggetta alla normativa pubblicistica.
La questione è tutt’altro che secondaria, soprattutto alla luce delle conseguenze derivanti dalla mancata costituzione del Cct, che possono influire sulla valutazione della buona fede contrattuale in ipotesi di controversie sorte durante la fase esecutiva.
Ora, le Linee guida del 2022 specificavano che fossero inclusi nell’ambito di applicazione del Cct «tutti i soggetti pubblici e privati tenuti all’osservanza delle disposizioni del codice» (ancorché il Cct, nella sua costituzione «obbligatoria», costituisca uno strumento proprio della fase esecutiva del contratto). Al contrario, né il Dlgs. n. 36/2023, né il Correttivo contengono disposizioni che chiariscano con certezza se anche i soggetti privati tenuti ad applicare il Codice siano obbligati a costituire un Collegio Consultivo Tecnico o se, invece, siano esonerati da tale obbligo.
Pareri e determinazioni: nuove ipotesi di pronuncia obbligatoria
Il Correttivo interviene, altresì, sugli artt. 216 e 217 del Codice, in materia di pareri e determinazioni del Collegio consultivo tecnico, apportando inoltre una revisione della rubrica dell’art. 216 (da «Pareri obbligatori» a «Pareri e determinazioni obbligatorie») e dell’art. 217 (da «Determinazioni» a «Determinazioni facoltative»). Anche con riferimento a tale aspetto, la revisione dell’art. 216 mira a implementare il ruolo del Cct, rendendo obbligatoria una sua pronuncia nel caso di iscrizione di riserve, di proposte di variante, di risoluzione contrattuale, nonché «in relazione ad ogni altra disputa tecnica o controversia che insorga durante l’esecuzione».
Con tale modifica, il legislatore pare aver inteso rafforzare la funzione del Cct quale strumento di risoluzione anticipata (e non meramente alternativa) delle controversie insorte durante l’esecuzione dei contratti di lavori pubblici, attribuendo ai Collegi il compito di pronunciarsi in via obbligatoria su ogni questione emersa durante la fase esecutiva dei lavori (in luogo di una mera possibilità attribuita nel testo originario del Codice). Inoltre, il comma 2 dell’art. 216 introduce la nuova fattispecie di acquisizione obbligatoria del parere nell’ipotesi della risoluzione contrattuale, relativamente alla quale il nuovo art. 217 sancisce che sia sempre preclusa la possibilità di acquisire una determinazione avente natura di lodo contrattuale.
Aderendo alla proposta del Consiglio di Stato in sede consultiva, il nuovo testo dell’art. 216 chiarisce, da un lato, che il Cct interviene con determinazioni solo ove vi sia una richiesta congiunta delle parti e, dall’altro, che tali determinazioni assumono natura di lodo contrattuale ex art. 808-ter c.p.c. solo a condizione che le parti convengano in maniera espressa di attribuirvi tale valore.
Si evidenzia, infine, l’introduzione della pronuncia del Collegio anche nel caso in cui insorgano mere «dispute» tecniche (e non solamente vere e proprie «controversie»), con l’intento di anticipare l’intervento del Cct alla fase in cui vi sia una divergenza tra le parti rilevante per l’esecuzione del contratto, evitando che possa trasformarsi in un vero e proprio «conflitto».
Requisiti dei componenti: possibile la nomina con 5 anni di esperienza specifica
La novità di maggior rilievo relativa ai componenti del Cct consiste nel superamento della netta distinzione dei requisiti richiesti dalle Linee guida del 2022 per il Presidente e per i singoli membri, basata essenzialmente sul «ruolo» (i.e., professori universitari, avvocati dello Stato, magistrati, etc.), in favore di una valorizzazione della duratura e comprovata esperienza nell’ambito del settore dei contratti e degli investimenti pubblici da parte dei professionisti coinvolti.
Ai sensi del comma 1 del nuovo art. 2, Allegato V.2, possono essere nominati componenti del Cct «ingegneri, architetti, giuristi ed economisti in possesso di adeguata esperienza e qualificazione professionale nelle materie attinenti alla legislazione e al contenzioso delle opere pubbliche o nelle materie tecniche attinenti all’edilizia, alle infrastrutture e agli impianti» (comma 1), con la precisazione che il possesso del requisito è comprovato con riferimento a un periodo minimo di cinque anni per i membri e di dieci anni per il Presidente (comma 2).
Seppur la disposizione non sia particolarmente chiara sull’inclusione o meno dei giuristi specializzati nell’assistenza stragiudiziale nell’ambito della realizzazione di opere pubbliche (l’art. 2, comma 1, dell’Allegato V.2, valorizza specificamente il «patrocinio o assistenza di parte pubblica o privata in contenziosi amministrativi o civili nel settore dei lavori pubblici»), da una lettura sistematica della norma si può ragionevolmente sostenere una risposta positiva.
Tale conclusione pare coerente con la ratio stessa del Collegio consultivo tecnico che, in quanto strumento di risoluzione alternativa delle controversie, può trarre giovamento da professionisti esperti nella gestione extra-contenziosa delle tematiche relative all’esecuzione dei contratti pubblici.
Compensi: spese «a carattere non remunerativo», principio di gradualità e opere sopra il miliardo di euro
Il nuovo Allegato V.2 introduce, all’art. 1, alcune nuove disposizioni in punto di compensi attribuiti ai componenti dei Collegi. Di particolare interesse è il riconoscimento del diritto dei componenti al «rimborso delle spese a carattere non remunerativo» (cfr. comma 4) nonché l’introduzione del concetto del «principio di gradualità» dell’erogazione dei compensi (cfr. comma 6). Entrambe le fattispecie risultano, al momento, prive di un contenuto effettivo e, per tale motivo, la Commissione speciale del Consiglio di Stato aveva suggerito di «renderne nota l’entità in modo trasparente e stabile» già all’interno del Correttivo.
De iure condito, i compensi (e le spese a carattere non remunerativo) dovranno essere «rapportati al valore del contratto e alla complessità dell’opera, nonché all’esito e alla durata dell’impegno richiesto e al numero e alla qualità delle determinazioni assunte» (cfr. comma 6), anche se tale indicazione pare più una petizione di principio che un vero e proprio criterio interpretativo.
In assenza di indicazioni più precise da parte del Correttivo, occorrerà attendere l’adozione delle apposite Linee Guida per comprendere l’entità delle spese a carattere remunerativo e delle modalità di erogazione «graduale» dei compensi, sperando che l’adozione delle medesime non richieda tempi particolarmente lunghi, pena il rischio di decisioni non uniformi tra i vari Collegi, chiamati a «riempire» di significato concetti che sembrano potersi ascrivere nel novero dei concetti giuridici indeterminati.
Ciò che emerge a un primo esame della norma è che il Correttivo, con il principio di gradualità, voglia garantire una maggiore omogeneità di attribuzione dei compensi, intervenendo così su alcune distorsioni emerse durante l’operatività dei primi Cct, specialmente con riferimento alla c.d. «parte fissa», la cui modalità di erogazione è stata disciplinata, secondo metodi molto differenti l’uno dall’altro, dai singoli Collegi.
Infine, nell’ottica del contenimento della spesa pubblica, il Correttivo specifica che la parte fissa del compenso non può superare l’importo pari allo 0,02% (Cct a 3 membri) / 0,03% (Cct a 5 membri), per la parte del valore dell’appalto eccedente il miliardo di euro (cfr. comma 5).
Riunioni periodiche e contraddittorio: chiarezza nelle «regole del gioco»
Il Correttivo introduce due disposizioni volte a definire, sin dalla costituzione del Collegio, un «codice di procedura interno» che definisca le modalità di svolgimento delle riunioni periodiche e del contraddittorio prodromico all’adozione di pareri e determinazioni.
In particolare, l’art. 4, comma 3, dell’Allegato V.2, impone ora ai Collegi di svolgere riunioni periodiche per monitorare l’andamento dei lavori e di formulare, ove ritenuto opportuno, osservazioni alle parti, confermando la funzione del Cct quale strumento di supporto tecnico-giuridico e di presidio del rispetto dei tempi e dei costi dell’esecuzione dell’opera pubblica, già espressamente evidenziata nell’ambito delle opere PNRR.
Invero, la proposta di rendere «a regime» tale obbligo non trova la condivisione del Consiglio di Stato che, all’interno del proprio parere, ha rilevato il rischio che la disposizione possa snaturare la natura giustiziale del Collegio; secondo la Commissione speciale, le riunioni periodiche non avrebbero carattere decisorio e, pertanto, risulterebbero distoniche rispetto al ruolo dei Cct.
Con riferimento al ruolo «giustiziale» del Collegio, il nuovo art. 3, comma 3, dell’Allegato V.2, impone al Cct di definire sin da subito un «codice di procedura interno»: in particolare, il Cct deve individuare la periodicità e le modalità di svolgimento delle riunioni periodiche, nonché i termini e le modalità di svolgimento del contraddittorio – salve le ipotesi in cui le parti abbiano escluso che le determinazioni del Collegio assumano valore di lodo contrattuale.
L’intento della disposizione è quella rendere chiare alle parti le «regole del gioco», evitando così un «effetto sorpresa», che è talvolta emerso in ipotesi in cui il Collegio non aveva individuato «a monte», in misura puntuale, specifiche modalità operative volte all’adozione delle proprie decisioni.
Sempre con riferimento alle regole di funzionamento dei Collegi, ai Cct è altresì richiesto di specificare, sin dal momento dell’insediamento, il dies a quo della decorrenza del termine dei quindici giorni per la pronuncia del lodo. Ciò consentirà alle parti di avere chiarezza sul segmento procedimentale essenziale ai fini della decisione sui quesiti di volta in volta posti.
L’obbligo si comprende osservando, ancora una volta, l’esperienza pratica: alla luce dello stringente termine di quindici giorni, ci si è spesso interrogati sul computo dei termini per la pronuncia del lodo; in particolare, il quesito irrisolto era quello se i termini iniziassero a decorrere dal momento della presentazione del quesito, oppure solo quando il Collegio avesse avuto a disposizione tutti gli elementi per decidere o, ancora, solo a seguito della conclusione di un contraddittorio formalizzato mediante la presentazione di documenti, memorie e repliche (secondo le regole «interne» definite dal singolo Cct).
Accesso agli atti e Segreteria tecnico amministrativa
Infine, con riferimento all’accesso agli atti, l’art. 6, comma 3, dell’Allegato V.2, dispone ora che gli atti dell’Osservatorio permanente sul monitoraggio dei Collegi consultivi tecnici e dei Cct sono soggetti alla disciplina dell’accesso agli atti di cui agli artt. 35 e 36 del Codice e specifica che la relativa istanza va formulata direttamente alle Stazioni appaltanti.
A tal proposito, ci si limita a rilevare che, anche al fine di permettere una raccolta ragionata della prassi in punto di decisioni dei Collegi, sarebbe stato opportuno prevedere una «centralizzazione» dell’attività di raccolta e di pubblicazione delle decisioni dei Cct direttamente da parte dell’Osservatorio, al fine di evitare ai soggetti interessati la necessità di avanzare una specifica di istanza agli atti.
Il nuovo art. 8 dell’Allegato V.2 interviene invece sulla disciplina della segreteria tecnico amministrativa sotto un duplice aspetto.
In primo luogo, viene ridotto l’importo del compenso della stessa (che potrà essere definito in una forcella dal 3% al 10%, in luogo della percentuale massima del 20% precedentemente vigente); in secondo luogo, recependo alcuni dubbi emersi nella prassi, il Correttivo ha specificato che il compenso della segreteria tecnico amministrativa sarà erogato direttamente dalle parti, pur rimanendo a carico dei componenti del Cct.
Il Correttivo e i Cct già costituti: un potenziale rischio di paralisi
L’art. 70 del Correttivo introduce un regime temporale di applicazione delle norme sui Cct basato su un sistema «a doppio binario», nei termini che seguono.
Le disposizioni in commento si applicano, secondo un meccanismo di silenzio-assenso (e, dunque, salva diversa espressa volontà contraria delle parti), anche ai Collegi già costituiti e operanti alla data di entrata in vigore del Correttivo, ad eccezione di quelli relativi ai contratti di servizi e forniture. Quest’ultimi, infatti, risulterebbero autonomamente caducati in assenza di tale specifica esclusione.
La soluzione introdotta non tiene conto del parere del Consiglio di Stato (e diverge dalla bozza di Correttivo «entrata» nel Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2024), il quale aveva suggerito di introdurre l’opposto regime di c.d. silenzio-rifiuto, ipotizzando l’applicazione delle nuove disposizioni solo nel caso di esplicita richiesta delle parti.
L’applicazione tout court delle nuove regole a tutti i Cct apre non pochi interrogativi su un rischio di paralisi dei Collegi ad oggi operanti. Ad esempio, i Collegi che non abbiano individuato in maniera chiara le modalità di svolgimento del contraddittorio e delle riunioni periodiche sono obbligati a definirle prima di decidere su nuove questioni? Quid iuris in ipotesi di quesiti pendenti e per i quali sia già stata avviata l’istruttoria? E ancora, cosa fare nell’ipotesi in cui i compensi già definiti per i componenti e per la segreteria eccedano i nuovi limiti previsti dal Correttivo oppure siano stati corrisposti senza seguire un principio di gradualità?
Infine, l’obbligo di sottoporre ogni disputa tecnica o controversia che insorga durante l’esecuzione determinerà un sovraccarico di quesiti nei confronti dei Collegi già operanti, i quali saranno (potenzialmente) investiti da numerose questioni (sinora silenti in quanto «mere» dispute) relative alla realizzazione delle opere pubbliche interessate?
Occorrerà, nuovamente, attendere la prassi per capire, dal punto di vista pratico, l’effetto di queste novità.
Conclusioni
Le modifiche apportate mirano non solo a consolidare il ruolo del Cct quale strumento centrale per la prevenzione e la risoluzione delle controversie, ma anche a promuoverne un’applicazione più uniforme ed efficiente, all’interno di un unico corpus normativo (seppur la disciplina dei compensi rimanga delegata a un Dm di prossima emanazione).
Tuttavia, permangono alcune criticità interpretative che richiederanno chiarimenti futuri, soprattutto per quanto concerne l’ambito applicativo e il regime transitorio.
Pertanto, è auspicabile che le prossime Linee guida forniscano indicazioni dettagliate per risolvere le incertezze ancora presenti e che l’implementazione pratica del nuovo regime confermi la capacità dello strumento del Collegio consultivo tecnico di migliorare l’efficacia nella gestione dei contratti pubblici, in particolar modo con riferimento al rispetto dei tempi e dei costi delle opere strategiche.
FONTI Marco Interdonato (*) “Enti Locali & Edilizia”
(*) Avvocato, Studio Legale Bertacco Recla & Partners