La misura riguarda le concessioni ottenute senza gara che devono rimettere sul mercato un valore dei contratti compreso tra il 50 e il 60%
Arrivano le indicazioni dell’Anac per i concessionari tenuti ad affidare a terzi una quota compresa tra il 50% e il 60% degli appalti. Dopo anni di rinvii, l’individuazione di una quota precisa dei contratti che le società titolari di concessioni ottenute senza gara devono rimettere sul mercato, è una delle novità previste dal nuovo codice degli appalti entrato in vigore il primo luglio.
Con un documento appena pubblicato l’Autorità Anticorruzione fornisce una prima bussola alle società interessate. Nella delibera n.265 approvata lo scorso 20 giugno l’Anac individua innanzitutto le società interessate dall’obbligo di esternalizzazione degli appalti e poi fornisce i metodi per calcolare la quota di investimenti da affidare a terzi.
Il provvedimento riguarda i «titolari di concessioni di lavori e di servizi pubblici nei settori ordinari, già in essere alla data di entrata in vigore del nuovo Codice Appalti, di importo pari o superiore alle soglia di rilevanza europea, che non siano state affidate conformemente al diritto dell’Unione europea vigente al momento dell’affidamento o della proroga». Dunque le concessioni affidate senza gara, incluse quelle autostradali. Mentre «sono escluse tutte le concessioni afferenti ai settori speciali, di cui al libro III del codice, ossia: gas e energia termica, elettricità, settore idrico, trasporto ferroviario, tranviario, filoviario, mediante autobus, sistemi automatici o cavo, porti e aeroporti servizi postali, estrazione di gas e prospezione o estrazione di carbone o di altri combustibili solidi».
Nella delibera l’Anac precisa inoltre che i contratti da inserire nella base di calcolo delle percentuali individuate dall’articolo 186 sono quelli che riguardano tutte le prestazioni da eseguire nel periodo considerato, oggetto della concessione e sono, quindi, necessarie per l’esecuzione della stessa, anche se svolte direttamente dal concessionario». Non vanno invece nella base di calcolo «i contratti stipulati per la gestione dell’attività del concessionario nel suo complesso quali, ad esempio, i contratti per l’acquisto di buoni pasto per i dipendenti, per le utenze, per la manutenzione degli immobili, se utilizzati promiscuamente con altre attività svolte dal concessionario».
FONTI Mauro Salerno “Enti Locali & Edilizia”
