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Correttivo/2. Appalti con più chance per le Pmi

Il decreto contiene molte novità che puntano a dare un peso maggiore alle piccole e medie imprese. Riserva nei subappalti

 

Appalti riservati. E subappalti con accesso preferenziale. Il decreto correttivo al Codice appalti, licenziato lunedì dal Consiglio dei ministri e atteso adesso da diversi passaggi prima del via libera finale contiene molte novità che puntano a dare un peso maggiore alle piccole e medie imprese nella geografia degli appalti pubblici. Il decreto, composto da 171 pagine e 89 articoli, è comunque destinato a un percorso ancora lungo.

Dovrà, infatti, passare prima dalla Conferenza unificata e dal Consiglio di Stato. Poi ci saranno i pareri delle commissioni parlamentari. Solo a quel punto si tornerà in Consiglio dei ministri, probabilmente ai primi del 2025, per l’approvazione finale del testo che il sottosegretario azzurro Tullio Ferrante ha definito «un prontuario aggiornato e ancora più efficace in materia di lavori pubblici». Il regime per le Pmi tornando alle Pmi, il loro accesso al mercato degli appalti pubblici, come spiega anche la relazione illustrativa che accompagna il decreto, era una priorità già nella prima versione del Dlgs.

Ora, però, si va oltre, con alcune misure che provano a rafforzare le corsie preferenziali a beneficio delle piccole e medie imprese. In questa direzione, l’articolo 19 prevede che per gli affidamenti sotto le soglie comunitarie, «tenuto conto dell’oggetto e delle caratteristiche delle prestazioni o del mercato di riferimento», le stazioni appaltanti e gli enti concedenti potranno «riservare il diritto di partecipazione alle procedure di appalto e a quelle di concessione o possono riservarne l’esecuzione a piccole e medie imprese». Viene, cioè, istituita una riserva a beneficio delle Pmi.

Non solo: una misura con una logica molto simile compare anche nel capitolo dedicato ai subappalti. Anche qui l’articolo 35 è chiaro. E modificando il “vecchio” articolo 119 del Dlgs 36/2023 istituisce una riserva a beneficio delle piccole e medie imprese stabilendo che «i contratti di subappalto sono stipulati, in misura non inferiore al 20% delle prestazioni subappaltabili, con piccole e medie imprese». Le imprese potranno indicare nella propria offerta una soglia che vada anche oltre questo limite, «per ragioni legate all’oggetto o alle caratteristiche delle prestazioni o al mercato di riferimento».

Per le definizione di Mpmi (Micro, piccole e medie imprese) si fa riferimento alle definizioni europee: sono, quindi, le imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni. Il nodo equo compenso . La questione spinosissima dell’equo compenso è stata risolta con un compromesso: per i bandi sotto soglia prezzo fisso fino all’80%, mentre per le gare di maggiore entità la quota fissa scende a 65% con un 35% ribassabile.

A mettere un freno al meccanismo di ribasso viene previsto un paletto del 30% sulla parte economica del punteggio che dovrebbe calmierare il ricorso a “ribasso selvaggio”. Ma è proprio sull’equo compenso che iniziano ad affacciarsi le prime obiezioni. «Sono poco chiare le ragioni che giustificano una deroga all’equo compenso solo in favore di committenti pubblici. Sembra un ingiustificato privilegio verso la Pa, posto che i committenti privati restano tenuti a riconoscere l’equo compenso in misura integrale a pena di nullità», dice Dario Capotorto, docente di Diritto degli appalti pubblici all’università La Sapienza di Roma. E aggiunge: «Prevedere un regime ingiustificatamente differenziato tra committenti pubblici e privati con una compressione delle tutele per i lavoratori autonomi può far sorgere qualche dubbio di legittimità costituzionale».

Il testo è molto articolato e darà parecchio lavoro interpretativo agli uffici legali e agli esperti nelle prossime settimane. E a far storcere più di una bocca saranno anche i grandi assenti, attesi nel testo del correttivo e mai entrati. Tra questi la revisione delle soglie per le procedure di gara, chiesta dalle imprese per aumentare la concorrenza nel settore dei lavori pubblici. Su questo fronte vale la pena di ricordare che due appalti su tre nel 2024 sono stati finora aggiudicati con affidamento diretto, quindi senza una gara aperta. Il motivo? Il sussegiursi dei diversi interventi normativi che hanno innalzato le soglie per affidamenti diretti e procedure negoziate. Questo trend è destinato a proseguire, anche per il futuro.

 

 

FONTI    Flavia Landolfi e Giuseppe Latour   “Enti Locali & Edilizia”

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