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Correttivo, passo indietro sul project financing: il rischio è scoraggiare i privati e fare spazio ai ricorsi

Lo schema approvato dal Governo riscrive integralmente l’articolo 193 del Codice appesantendo e rendendo meno lineare la procedura

 

La finanza di progetto in Italia, pur avendo da molto tempo raggiunto “la maggiore età” – l’art. 37.bis della Legge Merloni risale, difatti, al lontano 1998 – non ha ancora assunto una fisionomia chiara e definitiva, ma anzi continua a evolversi e, più, spesso a involversi senza riuscire a spiccare il volo, emergendo una volta per tutte dalla palude normativa nella quale si dibatte più o meno da sempre.

Coloro che confidavano nelle semplificazioni indubbiamente apportate dal Dlgs 36/2023 all’istituto, sulla scorta del principio di delega aa) della L. 78/2022 che, per l’appunto, poneva la razionalizzazione, semplificazione ed estensione delle forme di partenariato pubblico-privato, con particolare riguardo, tra l’altro, alla finanza di progetto come obiettivo specifico del legislatore delegato, rischiano di rimanere delusi dalla lettura della bozza di Correttivo al nuovo Codice.

La bozza in questione prevede di sostituire integralmente l’art. 193 del D.Lgs. 36/2023, disegnando, spesso con una certa confusione terminologica, una procedura più farraginosa e complessa di quella in vigore, che in parte reintroduce disposizioni problematiche del passato, la cui eliminazione era stata favorevolmente valutata dai commentatori e orgogliosamente rivendicata dagli estensori del Codice; in parte crea appesantimenti significativi nell’iter di valutazione delle proposte; in parte introduce elementi che rischiano di scoraggiare definitivamente gli operatori economici dal cimentarsi nell’istituto.

La fase preliminare alla presentazione delle proposte
Il Correttivo ritiene necessario normare la fase prodromica alla presentazione delle proposte di finanza di progetto che, sinora, era stata gestita dalle amministrazioni pubbliche semplicemente accordando agli operatori economici che ne facessero motivata richiesta, l’accesso a dati, atti e luoghi che vi era bisogno di esaminare al fine di poter presentare una proposta consapevole e ben ragionata.

La bozza prevede, infatti, una manifestazione di interesse corredata dalla richiesta di informazioni e dati che l’ente concedente – entro termini non indicati nella norma – dovrebbe riscontrare comunicando all’operatore economico la sussistenza di un pubblico interesse all’elaborazione della proposta stessa. È, inoltre, previsto che della trasmissione all’operatore economico dei dati e delle informazioni richiesti sia data «adeguata comunicazione» da parte dell’Ente, nella sezione «Amministrazione trasparente» del proprio sito.

Già questa novità, collocata al comma 2 del riformulato art. 193 del Codice, pone una serie di problematiche. Innanzitutto non è chiaro, anche alla luce del principio della fiducia e, soprattutto, dei principi di buona fede e tutela dell’affidamento quale valore e quali conseguenze avrebbe la comunicazione da parte dell’ente all’operatore economico della sussistenza di un pubblico interesse all’elaborazione della proposta e quale eventuale grado di approfondimento dovrebbe avere la descrizione della stessa per consentire all’ente di apprezzarne l’interesse. Parimenti non è chiaro cosa avvenga nell’ipotesi di silenzio dell’amministrazione, visto che la disposizione fa riferimento solo alla comunicazione di interesse positivo. Inoltre, non si comprende in che termini debba essere effettuata l’«adeguata comunicazione» sul sito dell’ente e se tale comunicazione si riferisca ai dati e alle informazioni fornite, oppure al fatto di aver ricevuto una manifestazione di interesse o se la pubblicazione concerna proprio la manifestazione.

Oltre ad aver chiaramente appesantito tale fase preliminare anche per le pubbliche amministrazioni, la nuova previsione rischia di scoraggiare gli operatori economici, in particolare se l’idea è particolarmente innovativa e originale, dal presentare una manifestazione di interesse che potrebbe essere già in questa fase embrionale resa nota ai diretti concorrenti. Il rischio è, quindi, quello di omettere tale fase e conseguentemente ottenere proposte meno adeguatamente ponderate.

La fase di presentazione della proposta
Anche questa fase viene ulteriormente irrigidita e procedimentalizzata. Viene nuovamente richiesto agli operatori economici di corredare la proposta con le dichiarazioni relative al possesso dei requisiti generali e dei requisiti speciali, previsione che era contenuta nel vecchio art. 183, ma che non era stata ripetuta dal nuovo codice. Se la dichiarazione inerente l’assenza di motivi di esclusione può essere condivisibile sotto il profilo dell’opportunità (sebbene non sia chiaro se, come e quando le dichiarazioni presentate debbano essere verificate dalla Pa), per evitare che l’amministrazione si relazioni con un soggetto privo della necessaria onorabilità, molto più discutibile è la scelta di richiedere i requisiti speciali, considerando, da un lato, che in ogni caso è ammessa la modifica soggettiva del promotore sino alla presentazione dell’offerta nell’ambito della successiva gara, dall’altro che neppure la bozza di correttivo indica quali dovrebbero essere i requisiti dei promotore e neanche del concessionario di servizi. Attualmente l’art. 33 dell’allegato II.12 concerne solo i requisiti del concessionario di lavori. Si tratta quindi di una dichiarazione obiettivamente inutile in questa fase.

Per quanto concerne la procedura, il nuovo art. 193 prevedrebbe che l’amministrazione, una volta ricevuta da un operatore economico «in qualità di promotore» la proposta di finanza di progetto, la pubblichi nella sezione «Amministrazione trasparente» del proprio sito indicando un termine non inferiore a 60 giorni per consentire a eventuali altri operatori economici «in qualità di proponenti» di presentare proposte concorrenti. La disposizione sembra riferirsi alla pubblicazione della proposta vera e propria e non di un semplice avviso di avvenuto ricevimento di proposte, il che avrebbe evidenti effetti deterrenti per gli operatori economici, in particolare quelli più innovatori.

Entro i successivi 45 giorni, l’amministrazione dovrebbe individuare una o più delle proposte ricevute come «di pubblico interesse», pubblicandole sul proprio sito istituzionale e dandone comunicazione agli interessati.

A questo punto si darebbe inizio ad una nuova e ulteriore fase nella quale l’Amministrazione valutate «anche in forma comparativa» le proposte ritenute di pubblico interesse, si pronuncia sulla loro fattibilità eventualmente invitando «il promotore» (la cui proposta non si comprende se sia stata automaticamente inclusa tra quelle di pubblico interesse) ad apportare modifiche. Se «il promotore o i proponenti» (ai quali però, secondo la norma, non era stato chiesto nulla) non apportano nel termine assegnato le modifiche richieste la proposta (quale?) viene respinta. Tutto questo complesso e obiettivamente poco chiaro procedimento dovrebbe concludersi in ulteriori 60 giorni, prorogabili sino a 90 per comprovate esigenze istruttorie, con un provvedimento espresso della Pa, anch’esso pubblicato sul sito dell’ente e comunicato ai soggetti interessati che dovrebbe, stando a quanto si intuisce dalla lettura dei successivi comma, presumibilmente condurre all’individuazione di una sola proposta fattibile tra quelle ritenute di pubblico interesse.

Oltre a un allungamento notevole dei tempi e alla moltiplicazione delle occasioni di contenzioso, la nuova procedura si presenta farraginosa, non comprendendosi, peraltro, per quale motivo si debba scindere in due diversi subprocedimenti la valutazione dell’interesse pubblico e della fattibilità delle proposte presentate.

La fase di gara
Anche la fase di gara si presenta poco lineare. Il progetto di fattibilità in versione semplificata dal correttivo per la fase di presentazione delle proposte dovrebbe essere integrato con gli ulteriori documenti necessari per poter essere approvato e posto a base di gara. Non si comprende, però, a carico di chi debba essere fatta l’integrazione, atteso che il comma 7 del nuovo art. 193 prevedrebbe soltanto che «il promotore ovvero il proponente» apportino modifiche al Pef e allo schema di convenzione all’esito dell’approvazione del progetto.

I successivi commi, da 8 a 12, dedicati alla gara vera e propria, continuano a riferirsi ambiguamente alle figure del «promotore » del «proponente». In particolare, il comma 10 prevede che concorrano alla gara «il promotore e il proponente”, mentre il bando dovrebbe specificare che «il promotore ovvero il proponente» possa esercitare il diritto di prelazione.

Inoltre, si prevede che l’ente concedente, dopo aver preso in esame le offerte e aver redatto la graduatoria «pone il approvazione il successivo livello progettuale elaborato dall’aggiudicatario». Non si comprende esattamente cosa si intenda, posto che in fase di gara non è richiesta l’elaborazione dell’esecutivo (che è l’unico livello progettuale successivo a quello di fattibilità), ma unicamente le varianti migliorative al Pfte e che la progettazione esecutiva dovrebbe essere sviluppata dal concessionario nell’ambito del contratto di concessione sottoscritto con l’ente.

La finanza di progetto a iniziativa pubblica
L’eliminazione, nell’ambito della finanza di progetto, della commistione contenuta nell’art. 183 dell’abrogato codice 2016 tra project financing a iniziativa pubblica e a iniziativa privata era stata salutata come una notevole semplificazione e razionalizzazione procedurale.

L’art. 193 si limitava, difatti, a prevedere semplicemente che le Pa potessero sollecitare i privati a farsi promotori di iniziative volte a realizzare i progetti inclusi negli strumenti di programmazione del partenariato pubblico-privato mentre, al comma 1 del rinnovato art. 193, torna espressamente la distinzione tra finanza di progetto ad iniziativa privata e a iniziativa del concedente.

Viene quindi procedimentalizzata anche quest’ultima ipotesi, prevedendo che l’avviso pubblico di sollecitazione assegni anche un termine per la presentazione delle proposte, con conseguente possibilità di richiedere all’amministrazione «integrazioni documentali» per una migliore formulazione delle stesse. Tale integrazioni dovrebbero essere predisposte dall’ente concedente e pubblicate sul proprio sito istituzionale, in modo da renderle disponibili per tutti gli interessati. A quel punto, sulle proposte presentate in esito all’avviso, scatterebbe la procedura previsa nei commi precedenti dell’articolo 193, con la separazione tra valutazione di pubblico interesse e valutazione di fattibilità.

Conclusioni
Lo schema di Correttivo apporta all’art. 193 modifiche che a ben vedere non risultano in linea con il principio di delega originario, che, come detto, era orientato a semplificare e razionalizzare la finanza di progetto al fine di renderla più attrattiva per gli operatori economici e gli investitori.

Gli aggravamenti procedurali e la difficoltà di interpretare alcuni passaggi della nuova versione dell’art. 193 non solo scoraggerebbero enti e operatori economici dall’intraprendere la strada del project financing, ma offrirebbero innumerevoli appigli per il contenzioso, facendo percepire come ancora più rischioso – e dunque non attrattivo – questo tipo di operazioni.

Tra l’altro, la tecnica seguita per la riscrittura della norma sembra sconfessare il principio di fiducia nell’operato dei pubblici funzionari che aveva giustificato, nella stesura del Codice 2023, un più ampio spazio lasciato all’esercizio della discrezionalità amministrativa per il raggiungimento del risultato di pubblico interesse.

In sede di Correttivo sarebbe stato opportuno introdurre alcune modifiche chirurgiche, finalizzate a rendere più fluido il procedimento e più chiara la fase esecutiva, ma non certo riscrivere integralmente l’art. 193 appesantendolo e lasciandone integre le potenziali criticità.

 

 

FONTI      Paola Conio (*)   “Enti locali & Edilizia”

(*) Senior Partner Studio Legale Leone

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