La sentenza n. 8225/2025 afferma che la separata indicazione dei costi della manodopera non li sottrae al ribasso, ma impone che ogni riduzione sia adeguatamente giustificata e congrua ai sensi dell’art. 110 del Codice
La questione della ribassabilità dei costi della manodopera rappresenta uno dei temi più dibattuti del nuovo Codice dei contratti pubblici.
L’art. 41, comma 14, del d.lgs. n. 36/2023 dispone che i costi della manodopera siano “scorporati dall’importo assoggettato al ribasso”, ma contemporaneamente afferma che l’importo a base di gara comprende anche tali costi.
Il nodo interpretativo riguarda quindi la natura di questo “scorporo”: se esso implichi un divieto di ribasso oppure, più correttamente, una prescrizione di trasparenza funzionale al controllo di congruità da parte della stazione appaltante.
Costi della manodopera: il Consiglio di Stato sul ribasso
Una questione che ritorna nella controversia esaminata dal Consiglio di Stato con la sentenza del 23 ottobre 2025, n. 8225, riguardante una procedura di gara in cui la stazione appaltante aveva indicato separatamente i costi della manodopera all’interno dell’importo a base d’asta, come previsto dall’art. 41, comma 14.
L’offerta economica dell’aggiudicatario applicava un ribasso percentuale sull’importo complessivo, senza incidere sul valore della manodopera indicato nei documenti di gara, in violazione, secondo la ricorrente, della norma e della lex specialis, che avrebbero imposto la giustificazione del costo del personale anche in assenza di un ribasso esplicito.
Il TAR aveva respinto il ricorso; da qui l’appello a Palazzo Spada.
Quadro normativo e orientamenti giurisprudenziali
Il Collegio richiama integralmente la disciplina di cui all’art. 41, comma 14, del d.lgs. n. 36/2023, secondo cui: “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante individua nei documenti di gara i costi della manodopera […] e li scorpora dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale.”
Questa disposizione, letta insieme agli artt. 91, comma 5, e 108, comma 9, ha dato luogo a due principali indirizzi interpretativi:
- un primo, che attribuisce allo “scorporo” un significato sostanziale, tale da escludere in via generale la possibilità di ribassare i costi della manodopera, in quanto la norma sarebbe espressione diretta del principio di tutela del lavoro di cui all’art. 36 Cost.;
- un secondo, secondo cui la separata indicazione dei costi della manodopera non comporta un divieto assoluto di ribasso, ma introduce un vincolo di giustificabilità: il ribasso è ammesso solo se l’operatore economico è in grado di dimostrare che la riduzione discende da una più efficiente organizzazione aziendale o da economie interne che non pregiudicano il rispetto dei trattamenti salariali minimi.
La sentenza in esame si colloca in modo chiaro nel secondo orientamento, consolidando una linea già tracciata da precedenti pronunce e confermando che la verifica di congruità ex art. 110 del Codice rappresenta lo strumento deputato a garantire la coerenza sostanziale dell’offerta rispetto ai costi del lavoro.
La decisione del Consiglio di Stato
Secondo il Collegio, la stazione appaltante è tenuta a quantificare e indicare separatamente i costi della manodopera, ma questi continuano a far parte integrante dell’importo complessivo a base d’asta.
L’indicazione separata ha funzione di trasparenza e controllo, non di esclusione automatica dal ribasso: “L’obbligo della stazione appaltante di indicare separatamente i costi della manodopera convive con un importo ribassabile che li comprende”, afferma la Sezione, chiarendo che la ratio della disposizione è quella di garantire una maggiore responsabilizzazione degli operatori e una più agevole verifica di congruità da parte dell’amministrazione.
Nel caso concreto, l’offerta non prevedeva alcuna riduzione dei costi della manodopera rispetto a quelli stimati nei documenti di gara, sicché non sussisteva l’obbligo di giustificazione né di verifica di anomalia.
L’eventuale ribasso di tale voce, infatti, diventa rilevante solo quando l’operatore decida di discostarsi dai costi indicati, dovendo in tal caso dimostrare – ai sensi degli artt. 41 e 110 del Codice – che la riduzione è compatibile con i livelli salariali e con la regolare esecuzione della prestazione.
Conclusioni
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello, confermando la legittimità dell’aggiudicazione e ribadendo alcuni principi fondamentali:
- l’importo a base d’asta è unitario e comprende i costi della manodopera;
- la separata indicazione imposta dall’art. 41, comma 14, ha finalità di trasparenza e responsabilizzazione;
- il ribasso sui costi della manodopera è consentito solo se giustificato ai sensi degli artt. 41 e 110 del Codice;
- in assenza di una riduzione effettiva, non sussiste obbligo di giustificazione né di verifica dell’anomalia.
L’obiettivo del legislatore non è quello di rendere “intangibile” il costo della manodopera, ma di rendere trasparenti e verificabili le condizioni economiche sottese all’offerta.
Ne discende che:
- la stazione appaltante deve sempre indicare nei documenti di gara il costo della manodopera, quale parametro di riferimento per la valutazione di congruità;
- l’operatore economico può formulare un ribasso complessivo anche su tale voce, a condizione che ne dimostri la sostenibilità con argomentazioni e dati tecnici adeguati;
- l’eventuale riduzione dei costi del personale non è causa automatica di esclusione, ma presuppone un controllo puntuale ai sensi dell’art. 110 del Codice;
- la tutela della manodopera si realizza non attraverso un divieto generalizzato di ribasso, bensì mediante la verifica di congruità sostanziale e la responsabilità diretta dell’operatore nella definizione dei propri costi interni.
La sentenza consolida così il più recente orientamento della giurisprudenza in cui si valorizza una logica di controllo ex post (giustificabilità e congruità) piuttosto che di interdizione ex ante, coerente con i principi di proporzionalità e concorrenza del nuovo Codice.
FONTI “LavoriPubblici.it”
