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Equo compenso, ecco perché l’idea di consentire il ribasso solo sulle spese non funziona

Tar Catania: corrispettivo congruo anche con ribasso del 100% sugli oneri accessori. Ma anche le spese sono parte integrante dei “parametri” del Dm Giustizia del 2016. La soluzione di compromesso non convince: con il Correttivo serve una scelta di campo chiara

 

In una gara per l’affidamento della direzione lavori in cui la stazione appaltante abbia stabilito che rispetto all’importo posto a base d’asta è ammesso il ribasso sulle sole spese generali e oneri accessori e non sul compenso strettamente inteso, deve considerarsi legittima – in quanto non anomala – l‘offerta di un concorrente che abbia proposto un ribasso pari al 100%, azzerando quindi il corrispettivo relativo alla voce indicata. Si è espresso in questi termini il Tar Sicilia, Sez. II, 8 ottobre 2024, n. 3319, con una pronuncia che aggiunge un ulteriore tassello alla complicata vicenda incentrata sui rapporti tra la normativa sull’equo compenso di cui alla legge 49/2023 e l’affidamento dei contratti pubblici, disciplinato dal Dlgs 36/2023.

Le conclusioni cui giunge il giudice amministrativo suscitano più di una perplessità, ma soprattutto evidenziano le difficoltà operative e i profili di illogicità che conseguono all’adozione di quella che è stata individuata come soluzione mediana – il ribasso consentito sulle sole spese generali – in relazione al noto tema dell’applicabilità o meno della disciplina sull’equo compenso ai contratti pubblici aventi ad oggetto prestazioni professionali affidati in base al D.lgs. 36.

Il fatto
Un ente appaltante aveva indetto una procedura aperta per l’affidamento di un incarico di direzione lavori. Il disciplinare di gara prevedeva che il corrispettivo da riconoscere all’affidatario – determinato facendo applicazione delle tabelle di cui al Decreto del Ministro della Giustizia del 17 giugno 2016 – fosse pari all’importo di circa 300.000 euro, cui andava aggiunta la somma di circa 60.000 euro per spese generali e oneri accessori. Veniva altresì stabilito che – in applicazione della disciplina dell’equo compenso, in una delle possibili interpretazioni ritenute possibili – il ribasso fosse consentito solo sull’importo riconosciuto a titolo di spese generali e oneri accessori.

In sostanza la stazione appaltante nel definire il tema dei rapporti tra normativa sull’equo compenso e disciplina dei contratti pubblici ha optato, tra le varie soluzioni possibili, per quella “mediana”, che da un lato non esclude e dall’altro non consente in toto il ribasso sull’intero importo posto a base di gara, ammettendolo appunto solo sulle spese generali e oneri accessori. In sede di gara un concorrente ha proposto un ribasso su spese generali e oneri accessori pari al 100% del relativo importo, con ciò azzerando totalmente tale voce del corrispettivo. Anche in considerazione di tale ribasso, l’offerta in questione è risultata aggiudicataria. Il provvedimento di aggiudicazione è stato impugnato dal secondo classificato in graduatoria.

I motivi di ricorso
Il ricorrente ha evidenziato preliminarmente che l’ente appaltante ai fini della determinazione dell’importo da porre a base di gara ha utilizzato i parametri indicati nelle tabelle di cui al Decreto del Ministro della Giustizia del 17 giugno 2016, richiamato nell’Allegato I. 13 del Dlgs 36.

Tali parametri prevedono che il corrispettivo per i servizi di ingegneria e architettura – tra cui è ricompresa la direzione lavori – sia costituito dal compenso in quanto tale e dalle spese generali e oneri accessori. Queste ultime sono quantificate dal Dm in misura forfettaria, essendo stabilito che siano non superiori al 25% del compenso per opere fino a 1 milione di euro, non superiori al 10% per opere di importo pari o superiore a 25 milioni di euro e in una misura definita per interpolazione lineare per opere di importo intermedio.

L’aggiudicatario in sede di offerta ha formulato un ribasso sull’importo delle spese generali e oneri accessori – quantificate in circa 60.000 euro – pari al 100%, cioè ha rinunciato totalmente a questa parte di corrispettivo.

Il ricorrente ha quindi evidenziato che appare impossibile che l’aggiudicatario non debba sopportare alcun esborso a titolo di spese generali e oneri accessori. Ha quindi censurato il comportamento della stazione appaltante che non ha ravvisato profili di anomalia nell’offerta presentata, ritenendo che il ribasso del 100% sulla voce spese generali e oneri accessori non incidesse sulla corretta esecuzione dell’appalto.

In particolare, il ricorrente ha sottolineato come il ribasso del 100% viene a determinare nella sostanza una significativa diminuzione del corrispettivo da riconoscere per lo svolgimento delle prestazioni, alterando il principio dell’equo compenso – cui pure la stazione appaltante ha inteso ispirarsi – e violando la logica concorrenziale. In ogni caso, appare illogica e contraddittoria la determinazione dell’ente appaltante di non ritenere anomala l’offerta presentata, poiché il totale azzeramento delle spese generali e oneri accessori costituisce un evidente elemento di anomalia, che non può non essere sottoposto a verifica.

A queste censure l’ente appaltante ha contro dedotto con argomentazioni più di carattere formale che sostanziale. Ha infatti evidenziato che la disciplina di gara non prevedeva alcun limite al ribasso sulle spese generali e oneri accessori; che escludere l’offerta per questo aspetto introdurrebbe una causa di esclusione «innominata» e non consentita; che occorre tenere conto, a giustificazione del ribasso, delle economie di scala, della disponibilità di strumenti informatici avanzati, che escluderebbero che l’offerta possa essere sospetta di anomalia; infine – aspetto ritenuto più rilevante – che la parte di corrispettivo costituita dal compenso in senso proprio non era oggetto di alcun ribasso e garantiva comunque un equo compenso per lo svolgimento delle prestazioni.

Il Tar Sicilia
Il giudice amministrativo ha respinto il ricorso. A sostegno della decisione il Tar Sicilia evidenzia che non sono stati acquisiti elementi di prova tali da far ritenere o quanto meno da far dedurre che l’importo di circa 300.000 euro – che è il corrispettivo riconosciuto al netto delle spese generali e oneri accessori – non costituisca un equo compenso.

In sostanza, il giudice amministrativo ha ritenuto che il compenso debba ritenersi equo – e quindi adeguato ed accettabile – anche azzerando del tutto la voce spese generali e oneri accessori. Ciò anche alla luce della considerazione secondo cui non sussiste alcun vincolo normativo che impedisca di ribassare anche del 100% la voce spese generali e oneri accessori, tenuto conto che tale voce non appare imprescindibile ai fini della determinazione di un compenso equo in base alla relativa disciplina e concludendo che se così non fosse tale voce non potrebbe comunque essere oggetto di alcun ribasso.

L’equo compenso nei contratti pubblici: le contraddizioni della soluzione “mediana”
Le scarne motivazioni articolate nella pronuncia del Tar Sicilia suscitano più di una perplessità. Ma in realtà le perplessità traggono origine proprio dall’impostazione di fondo della gara, cioè dalla scelta di consentire il ribasso sulla sola voce «spese generali e oneri accessori».

Il tema dell’applicabilità della normativa sull’equo compenso agli affidamenti dei servizi ingegneria operati ai sensi del Dlgs 36 è da tempo oggetto di dibattito. È noto che sulla questione si sono contrapposti due indirizzi, che hanno ognuno trovato conferma in alcune pronunce dei giudici amministrativi di primo grado. Da un lato la tesi che ritiene applicabile l’equo compenso anche ai contratti affidati a seguito di procedura disciplinata dal Dlgs 36, e quindi considera non ribassabile l’importo posto a base di gara. Dall’altro lato, la tesi che ritiene incompatibile l’equo compenso con le dinamiche concorrenziali proprie della disciplina pubblicistica, e quindi ammette il ribasso dell’importo a base di gara.

Accanto a queste due tesi è stata prospettata anche una terza soluzione, mediana tra le prime die, che considera ribassabile solo la parte del corrispettivo relativo alla voce «spese generali e oneri accessori», ma non ribassabile la voce relativa al compenso in senso proprio.

Nel caso di specie l’ente appaltante ha accolto proprio quest’ultima soluzione. Ma la stessa appare poco convincente, e il caso affrontato dal Tar Sicilia ne è in qualche modo la conferma.

Per capire le ragioni delle perplessità occorre partire da un dato. Il Decreto ministeriale che contiene le tabelle dei corrispettivi dei servizi di ingegneria indica in maniera esplicita che tali corrispettivi si compongono di due elementi: il compenso e le spese generali e oneri accessori. Quindi entrambi questi elementi sono considerati a pieno titolo componenti costitutivi del corrispettivo da riconoscere ai prestatori dei servizi di ingegneria. Partendo da questo dato, non si comprende perché applicando (parzialmente) la normativa sull’equo compenso una componente – il compenso in senso proprio – non sarebbe oggetto di ribasso mentre l’altra componente – le spese generali e oneri accessori – sarebbe ribassabile.

Anche in considerazione dell’incidenza significativa che la componente «spese generali e oneri accessori» ha ai fini della determinazione del corrispettivo dei servizi di ingegneria, non è chiaro perché tale componente, ai fini della determinazione del così detto equo compenso, debba ricevere un trattamento diverso dal compenso in senso proprio.

Detto altrimenti, la voce «spese generali e oneri accessori» ha un’incidenza significativa ai fini della formulazione dell’offerta, in quanto si tratta di una componente di spesa di cui il concorrente non può non tenere conto nella ricerca dell’equilibrio economico dell’offerta stessa.

Non si comprende quindi perché, accedendo alla tesi secondo cui l’equo compenso debba trovare applicazione anche ai contratti pubblici, questa tesi debba poi essere parzialmente corretta consentendo il ribasso su una componente del corrispettivo (spese generali e oneri accessori) che lo stesso legislatore ha ritenuto tutt’altro che irrilevante nella determinazione del compenso ritenuto equo.

La vicenda affrontata nella sentenza in commento offre un esempio emblematico delle contraddizioni insite in questa soluzione. L’aggiudicatario ha infatti offerto un ribasso pari al 100% delle spese generali e oneri accessori, rinunciando quindi totalmente a questa componente del corrispettivo. Ma è ragionevole ipotizzare che per lo svolgimento delle prestazioni il concorrente non debba sopportare alcun esborso a titolo di spese generali e oneri accessori?

Evidentemente no. E quindi la conclusione, in termini molto pragmatici, è che nella sostanza – anche se non nella forma – l’azzeramento delle spese generali e oneri accessori viene a inficiare anche il principio della non ribassabilità del compenso in senso proprio.

In una logica imprenditoriale compenso in senso proprio e spese generali e oneri accessori concorrono entrambi – sia pure in misura diversa – all’economicità dell’offerta. Se si rinuncia totalmente a queste ultime, anche l’altro elemento viene in qualche modo a essere inficiato. In sostanza, il ribasso sulle spese generali e oneri accessori – o addirittura l’azzeramento, come nel caso di specie – significa che il corrispettivo complessivo risulta inferiore a quello definito dalla normativa sull’equo compenso, che fa riferimento alle tabelle ministeriali. Il compenso che risulta è quindi equo, ma “fino a un certo punto”.

In definitiva, il punto centrale dei rapporti tra normativa sull’equo compenso e disciplina dei contratti pubblici va risolto con una scelta di campo chiara, che da tempo viene richiesta al legislatore. Se si ritiene che tale normativa non sia applicabile ai contratti affidati ai sensi del Dlgs 36 – per una serie di motivazioni che appaiono le più convincenti – il ribasso va consentito sull’intero corrispettivo posto a base di gara.

Se al contrario la scelta fosse quella di applicare l’equo compenso anche al settore dei contratti pubblici, il divieto di ribasso dovrebbe essere totale, esteso cioè all’intero corrispettivo (spese generali e oneri accessori da un lato e compenso in senso proprio dall’altro).

La scelta mediana di consentire il ribasso sulle sole spese generali e oneri accessori appare più il risultato della ricerca di un equilibrio tra interessi contrapposti che fondata su valide ragioni giuridiche. Con il rischio che invece di arrivare alla tanto richiesta chiarezza, si prolunghi una situazione di potenziale contenzioso.

 

 

FONTI    Roberto Mangani       “Enti Locali & Edilizia”

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