Il Consiglio di Stato (sentenza n. 7945/2025) ribadisce che il punteggio premiale va riconosciuto solo per personale effettivamente aggiuntivo e dispone il subentro dell’impresa ricorrente
Può la commissione di gara attribuire un punteggio premiale per personale che, in realtà, fa già parte della dotazione minima prevista dal bando? E fino a che punto l’interpretazione della lex specialis può spingersi nel valutare l’offerta tecnica senza alterarne il significato letterale?
Errore nel punteggio premiale: la sentenza del Consiglio di Stato
A queste domande ha risposto il Consiglio di Stato che , con la sentenza n. 7945 del 10 ottobre 2025, interviene su uno dei punti più delicati delle procedure basate sull’offerta economicamente più vantaggiosa: l’attribuzione dei punteggi tecnici. Un pronunciamento che chiarisce quando un criterio premiale può essere legittimamente valorizzato e quando, invece, la sua applicazione finisce per violare la par condicio, determinando l’annullamento dell’aggiudicazione.
Tutto nasce da una procedura di gara per l’affidamento di servizi sociali, aggiudicata secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La seconda classificata ha impugnato gli atti lamentando due profili di illegittimità:
l’omessa indicazione dei costi della manodopera relativi ad alcune figure professionali;
l’attribuzione del punteggio premiale per responsabili di settore che, in realtà, facevano già parte della dotazione minima di personale prevista dal bando.
Il TAR aveva respinto il ricorso, ritenendo che l’offerta dell’aggiudicataria fosse conforme alla lex specialis e che la valutazione della commissione rientrasse nella sua discrezionalità tecnica. In particolare, i giudici di primo grado avevano sostenuto che la clausola sul punteggio premiale potesse essere interpretata in senso non restrittivo, consentendo di valorizzare anche figure interne già presenti nell’organico, purché effettivamente destinate all’esecuzione del servizio.
Da qui il ricorso al Consiglio di Stato, che ha completamente ribaltato l’esito della gara con una pronuncia di grande interesse interpretativo.
Quadro normativo di riferimento
Il Consiglio di Stato ha preliminarmente richiamato gli artt. 1362 (Intenzione dei contraenti) e 1363 (Interpretazione complessiva delle clausole) del codice civile, applicabili anche alle procedure di gara pubblica, secondo cui le clausole della lex specialis devono essere interpretate in modo letterale e sistematico, evitando di introdurre significati che non trovano riscontro nel testo.
A ciò si aggiunge il richiamo implicito ai principi generali del D.Lgs. n. 36/2023, che agli articoli 1, 2 e 3 pone le fondamenta del nuovo sistema dei contratti pubblici: il principio del risultato, il principio della fiducia e il principio di accesso al mercato.
Si tratta di valori che impongono alla stazione appaltante di interpretare e applicare la lex specialis in modo coerente, chiaro e proporzionato, così da garantire parità di trattamento, trasparenza e concorrenza effettiva tra gli operatori economici.
In particolare, la clausola contestata prevedeva un punteggio premiale per l’individuazione di “responsabili di settore effettivamente destinati agli specifici compiti descritti”. Secondo il Collegio, questa previsione non poteva che riferirsi a personale ulteriore rispetto alla dotazione minima, coerentemente con la funzione incentivante propria del criterio e con i principi del nuovo Codice, che valorizzano la qualità e l’efficienza dell’esecuzione come elementi qualificanti dell’offerta.
La decisione del Consiglio di Stato
Alla luce di quanto previsto dai citati artt. 1362 e 1363 del c.c., il Consiglio di Stato ha accolto l’appello, ribadendo che il punteggio premiale non può essere attribuito a figure già inquadrate nella dotazione organica di base.
L’espressione “maggiori risorse di personale” contenuta nella lex specialis avrebbe dovuto essere interpretata nel suo significato più diretto: indicare un incremento effettivo delle risorse dedicate all’appalto.
La commissione di gara avrebbe dovuto verificare l’effettiva destinazione e l’autonomia di tali figure, nonché la corrispondente incidenza economica. La mancata verifica e l’attribuzione del massimo punteggio per personale “a costo zero” costituiscono violazione della lex specialis e dei principi di par condicio e affidamento.
In altri termini, la Commissione ha premiato ciò che non rappresentava un reale valore aggiunto, trasformando un criterio di merito in un vantaggio puramente formale.
In conseguenza di ciò, il Consiglio di Stato ha disposto l’annullamento dell’aggiudicazione, la dichiarazione di inefficacia del contratto e il subentro dell’impresa ricorrente, ai sensi degli artt. 34 e 124 del Codice del processo amministrativo, in quanto non residuavano profili di discrezionalità nella valutazione delle offerte.
Analisi tecnica
La sentenza conferma un principio di fondo: la lex specialis è vincolante e deve essere applicata con coerenza rispetto al suo testo e alla sua funzione, perché un’interpretazione estensiva dei criteri di gara rischia di alterare la concorrenza e di compromettere la legittimità della procedura.
Il punteggio premiale ha una funzione selettiva e qualitativa, non meramente formale. Premiare personale già incluso nella dotazione minima equivale a svuotare di contenuto la logica premiale e a creare un vantaggio competitivo ingiustificato.
Palazzo Spada ha, inoltre, valorizzato il metodo interpretativo triplice:
letterale, per garantire chiarezza e uniformità;
sistematico, per armonizzare le clausole tra loro;
teleologico, per preservare la finalità concreta della norma di gara.
Un approccio che rafforza la certezza delle regole e impone alle commissioni di motivare in modo puntuale l’attribuzione dei punteggi.
Conclusioni operative
In conclusione, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello, annullato l’aggiudicazione e disposto il subentro della ricorrente, ma la portata della decisione è ben più ampia. La sentenza fornisce indicazioni utili per tutte le amministrazioni e gli operatori del settore:
il punteggio premiale va attribuito solo per risorse realmente aggiuntive, non per riorganizzazioni interne dell’organico;
la lex specialis si applica alla lettera: ogni deroga interpretativa comporta rischi di illegittimità;
serve un controllo puntuale sulla coerenza tra offerta tecnica ed economica, specie per quanto riguarda il personale;
il subentro nel contratto può essere disposto quando la spettanza dell’aggiudicazione risulta certa e non vi sono margini di discrezionalità residua.
In definitiva, la decisione del Consiglio di Stato rappresenta un richiamo netto alla coerenza applicativa e alla responsabilità valutativa delle stazioni appaltanti, in linea con la filosofia del nuovo Codice dei contratti pubblici.
FONTI “LavoriPubblici.it”
