L’indicazione del Tar Sicilia alle Pa: quando emergono criticità prima dell’assegnazione definitiva la soluzione più corretta non è l’annullamento o la revoca in autotutela, ma il ritiro degli atti endoprocedimentali e la riapertura di un procedimento conforme alla legge
Il Tar di Catania, pronunciandosi a seguito di un ricorso avverso la “revoca” di una procedura di gara per l’affidamento di una concessione in finanza di progetto, con la sentenza n. 3193 del 10 novembre 2023, ha fissato alcuni interessanti principi in materia di contratti pubblici. Nel caso di sospensione e successiva cessazione di una procedura di project financing prima dell’aggiudicazione definitiva, il provvedimento con cui l’amministrazione decide di arrestare il procedimento non assume la natura di atto di autotutela in senso stretto, né di revoca ex art. 21-quinquies, né di annullamento d’ufficio ex art. 21-novies della legge n. 241 del 1990. Esso si qualifica, invece, come atto di ritiro di carattere endoprocedimentale, volto a determinare la chiusura della procedura in un momento in cui non è ancora maturato alcun affidamento qualificato da parte del promotore o degli operatori economici partecipanti alla procedura. Tale distinzione discende dalla natura stessa della sequenza procedimentale di evidenza pubblica, nella quale solo l’adozione dell’aggiudicazione definitiva segna il confine tra la fase interna di valutazione e l’instaurazione di un rapporto di diritto sostanziale.
Il potere di ritiro, diversamente dall’autotutela decisoria, si inserisce nella fisiologia del procedimento e non richiede l’osservanza dei presupposti di legge previsti per gli atti di secondo grado, né il bilanciamento tra interesse pubblico e interesse privato sacrificato. La Pa conserva, sino all’aggiudicazione, una piena discrezionalità nel modulare l’interesse alla prosecuzione della gara, potendo arrestarla per ragioni di opportunità, coerenza con i principi del codice dei contratti e rispetto delle osservazioni provenienti dagli organi di vigilanza, senza che ciò implichi un sindacato giurisdizionale di tipo sostitutivo.
Il principio dell’affidamento dell’operatore economico, richiamato dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. 36/2023, non è violato dall’atto di ritiro, poiché esso trova protezione solo nel legittimo esercizio del potere amministrativo e nella coerenza procedimentale, ma non può generare un diritto alla prosecuzione della gara quando l’amministrazione, in assenza di aggiudicazione, ritenga di ritirare gli atti per preservare i principi di concorrenza e di trasparenza.
Con specifico riferimento alla finanza di progetto, il promotore, pur acquisendo una posizione di vantaggio rispetto agli altri operatori nella fase successiva, non vanta un diritto soggettivo all’aggiudicazione. La selezione quale promotore gli riconosce una facoltà potenziale, non un’aspettativa giuridicamente protetta alla prosecuzione del procedimento, la quale resta nella disponibilità della stazione appaltante.
Il piano economico-finanziario (Pef) costituisce elemento qualificante della sostenibilità del progetto e parametro di controllo della coerenza tecnico-economica della proposta.
Il caso
L’Autorità portuale competente aveva avviato una procedura di finanza di progetto per la gestione dei servizi di interesse generale e per la realizzazione della nuova stazione marittima di uno scalo marittimo. Un raggruppamento temporaneo di imprese aveva presentato, ai sensi dell’art. 193 del Dlgs 36/2023, una proposta di finanza di progetto, dichiarata fattibile e posta a base della gara. La gara aveva visto la partecipazione del solo proponente originario, per il quale la commissione giudicatrice aveva formulato la proposta di aggiudicazione. Tuttavia, in pendenza della procedura, l’Anac, a seguito di segnalazioni relative a presunte irregolarità, aveva avviato un procedimento di vigilanza ex art. 222 del Dlgs 36/2023, rilevando diverse criticità riguardanti, tra l’altro, la determinazione del valore della concessione, la corretta formulazione del Pef e l’equilibrio economico-finanziario del progetto.
Con propria delibera, l’Anac aveva invitato l’ente a comunicare le determinazioni che intendesse assumere. L’Autorità portuale, dopo avere espresso l’intenzione di adeguarsi alle raccomandazioni, ha infine disposto la “revoca” della precedente determinazione di avvio della procedura di gara, motivando in termini di opportunità e conformazione alle osservazioni dell’organo di vigilanza.
Il raggruppamento promotore ha quindi proposto ricorso al Tar, deducendo l’illegittimità della revoca per carenza dei presupposti previsti dall’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990 e, in subordine, per violazione dell’art. 21-novies, trattandosi, a suo avviso, di un annullamento d’ufficio adottato oltre il termine di legge. Ha altresì lamentato la carenza di motivazione, la violazione del principio di buona fede e tutela dell’affidamento, nonché l’adesione meramente passiva alle indicazioni dell’Anac, ritenute non vincolanti. In via subordinata ha chiesto la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, quantificato nelle spese di partecipazione alla procedura e nel lucro cessante, ovvero la corresponsione dell’indennizzo ex art. 21-quinquies. L’Autorità portuale si è difesa sostenendo che il provvedimento integrasse il legittimo esercizio del potere di autotutela, necessario a garantire la concorrenza e la par condicio, essendo la gara non ancora aggiudicata.
La decisione del Tar
Il Tar ha respinto il ricorso. Il profilo caratterizzante della decisione è costituito dalla qualificazione del provvedimento impugnato non come revoca o annullamento, bensì come atto di ritiro. Il Collegio ha infatti distinto tra il potere di ritiro degli atti endoprocedimentali, esercitabile sino all’aggiudicazione definitiva, e il potere di autotutela decisoria che interviene solo su atti conclusivi del procedimento.
Il ritiro è funzionalmente connesso alla direzione e alla gestione del procedimento, potendo l’amministrazione decidere di non proseguire la gara qualora ritenga opportuno interromperla, senza che ciò implichi il rispetto delle condizioni di legge per la revoca o l’annullamento d’ufficio. Tale conclusione, osserva il Tar, è coerente con la natura endoprocedimentale degli atti di gara, i quali non producono effetti consolidati nella sfera dei partecipanti. Solo con l’aggiudicazione definitiva si realizza un’affidabilità giuridicamente tutelata e sorge l’esigenza di un bilanciamento tra interesse pubblico e privato.
Applicando tali principi, il Tribunale ha ritenuto che, poiché la procedura non era giunta all’aggiudicazione e si era arrestata alla proposta della commissione giudicatrice, il decreto di sospensione e chiusura dovesse qualificarsi come ritiro. Ne consegue l’inapplicabilità degli articoli 21-quinquies e 21-novies e l’infondatezza della censura di tardività o carenza dei presupposti dell’autotutela.
Quanto alla motivazione, il Tar ha ritenuto che l’atto fosse sufficientemente motivato, anche alla luce del minor onere argomentativo richiesto per gli atti di ritiro endoprocedimentali. L’amministrazione aveva indicato le ragioni di pubblico interesse connesse alla tutela della concorrenza e al rispetto delle osservazioni formulate da Anac. L’adesione alle raccomandazioni dell’Autorità di vigilanza non è stata considerata acritica, bensì espressione di una valutazione di opportunità nell’equo contemperamento tra l’interesse generale e la posizione del promotore.
Il Collegio ha inoltre riconosciuto la piena legittimità della delibera Anac che aveva evidenziato una violazione dell’art. 179 del Dlgs 36/2023 per errata determinazione del valore della concessione. Tale violazione è stata ritenuta sufficiente, anche da sola, a giustificare le raccomandazioni rivolte all’ente, in quanto la difformità tra i valori indicati nel bando e in altri documenti di gara incideva direttamente sulla trasparenza e sulla par condicio, trattandosi di informazione essenziale per gli operatori. Il Tar ha richiamato la gerarchia dei documenti di gara di cui all’art. 82 del Codice, sottolineando che il bando costituisce l’unico documento di riferimento per la determinazione del valore della concessione e che l’errore ivi contenuto non può essere ridotto a mero errore materiale.
Quanto al Pef, la sentenza riconosce che esso costituisce elemento centrale per la valutazione dell’equilibrio e della sostenibilità economico-finanziaria dell’operazione. L’erronea indicazione del valore della concessione e la mancata coerenza tra i documenti di gara avrebbero potuto alterare la stessa base economica del piano, compromettendo la parità di condizioni tra i potenziali offerenti e, dunque, la legittimità dell’intera procedura.
Infine, la domanda di risarcimento del danno è stata respinta per difetto dei presupposti della responsabilità precontrattuale. Il Tribunale ha ricordato che tale responsabilità sussiste solo quando l’amministrazione agisca con colpa, generando un affidamento legittimo nella conclusione del contratto; ma nel caso di specie non vi era ancora alcun affidamento tutelabile, essendo la procedura priva di aggiudicazione e non potendosi imputare all’Amministrazione un comportamento scorretto. L’indennizzo ex art. 21-quinquies non era dovuto, trattandosi, come detto, di un atto di ritiro e non di revoca.
Considerazioni conclusive
La pronuncia ha il merito di delineare con chiarezza il confine tra l’autotutela decisoria e il potere di ritiro nelle procedure di evidenza pubblica, specialmente in materia di finanza di progetto. Il Tar riafferma un principio di fondo: la discrezionalità della Pa nella conduzione del procedimento permane sino all’aggiudicazione definitiva e può condurre alla cessazione della gara senza necessità di dimostrare un interesse pubblico sopravvenuto o una illegittimità originaria. La distinzione concettuale tra revoca, annullamento e ritiro consente di evitare un’ingiustificata estensione delle garanzie proprie dell’autotutela a fasi ancora interne del procedimento, dove non esiste un bene della vita già attribuito.
L’approccio del giudice siciliano valorizza la logica dinamica del procedimento di evidenza pubblica, nel quale l’amministrazione non è vincolata al mantenimento di scelte tecniche o istruttorie fino a quando non sia intervenuta l’aggiudicazione definitiva. L’atto di ritiro risponde, in tale prospettiva, a un principio di economia procedimentale e di buon andamento, funzionale a evitare che la prosecuzione di una gara affetta da vizi strutturali possa generare contenzioso o pregiudizi economici.
Sotto il profilo pratico, la sentenza offre un chiaro indirizzo alle stazioni appaltanti: quando emergano criticità sostanziali negli atti di gara prima dell’aggiudicazione, la soluzione più corretta non è l’annullamento o la revoca in autotutela, bensì il ritiro degli atti endoprocedimentali e la riapertura di un procedimento conforme alla legge. Tale scelta riduce il rischio contenzioso e consente una più agile correzione degli errori.
FONTI Filippo Bongiovanni “Enti Locali & Edilizia”
