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Gare, il termine per i ricorsi scatta dalla piena conoscenza degli atti

Il Consiglio di Stato boccia la decisione del Tar e accoglie l’obiezione di un’impresa che aveva ricevuto i documenti solo dopo istanza di accesso

 

Il «dies a quo» del termine decadenziale, stabilito per l’impugnazione degli atti di gara, coincide con quello in cui l’interessato acquisisce, o è messo in grado di acquisire, piena conoscenza degli atti che lo ledono. Nel caso di specie, la stazione appaltante ha messo a disposizione dell’operatore economico in graduatoria tutti gli atti di gara solo in seguito alla presentazione di un’istanza di accesso agli atti. Pertanto il termine decadenziale di impugnazione decorre dal giorno in cui è avvenuta l’ostensione degli atti oggetto dell’istanza di accesso agli atti, momento in cui ha piena conoscenza degli atti lesivi dei propri diritti.

Questo è quanto disposto dal Consiglio di Stato, sez. V sent. n. 8352/2024.

In particolare, una centrale di committenza ha indetto il 19 settembre 2023, per conto di un altro ente, una procedura aperta telematica, suddivisa in quattro lotti funzionali, il cui criterio di aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, finalizzata alla conclusione di un accordo quadro. Con riguardo a uno dei lotti, all’esito delle operazioni di gara, è stata stilata una graduatoria formata da tre concorrenti. La stazione appaltante provvede così, in data 17 novembre 2023, ad adottare la determina di aggiudicazione a favore del primo classificato e alla sua pubblicazione sulla piattaforma telematica di negoziazione.

La terza classificata, in data 24 novembre 2023, presenta istanza di accesso agli atti a cui la stazione appaltante ha dato riscontro il giorno 21 dicembre 2023. Sulla base dei documenti ottenuti con l’istanza di accesso agli atti, la terza classificata decide di presentare ricorso al Tar competente, notificata in data 22 gennaio 2024, in quanto riteneva che l’aggiudicazione alla prima classificata fosse illegittima.

Il Tribunale investito della causa dichiara, però, il ricorso irricevibile per la tardività della proposizione dello stesso, in quanto la notificazione è successiva ai trenta giorni di rito decorrenti dalla data di comunicazione dell’esito della gara: tra la pubblicazione del provvedimento e la notificazione del ricorso erano passati sessanta giorni.

Il ricorrente, insoddisfatto della decisione del giudice di prima istanza, decide di presentare ricorso in appello. Con il primo motivo contesta l’irricevibilità del ricorso di primo grado: la stazione appaltante non ha rispettato il termine di quindici giorni previsto dall’art. 76 del Dlgs n. 50/2016 per l’ostensione degli atti di gara mentre l’appellante ha formulato l’istanza entro quindici giorni dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione e, pertanto, non opererebbe il meccanismo della “dilazione temporale”, come affermato dal giudice di prime cure, bensì quello della “concessione di un nuovo termine” di trenta giorni da calcolarsi a decorrere «dal momento dell’effettiva messa a disposizione della documentazione» .

Il Consiglio di Stato accoglie la doglianza della ricorrente. In primis, riconosce che l’appalto in argomento ricade tra quelli soggetti alla disciplina del nuovo codice, il Dlgs n. 36/2023, e in particolare l’art. 209 comma 1 lett.a), considerato che il bando è stato pubblicato dopo il primo luglio 2023. Richiamando poi quanto prescritto dagli artt. 90 e 36 del citato decreto, il giudice afferma che «…il dies a quo del termine decadenziale stabilito per l’impugnazione degli atti di gara, coincide, dunque, con quello in cui l’interessato acquisisce, o è messo in grado di acquisire, piena conoscenza degli atti che lo ledono». In questo caso, la stazione appaltante ha messo a disposizione dell’appellante i documenti solo in risposta alla richiesta di accesso agli atti, per di più il ricorso doveva ritenersi tempestivo poiché presentato il 22 gennaio 2024 tenuto conto che il giorno 20 gennaio cadeva di sabato. Il discorso non sarebbe cambiato sotto la vigenza del d.lgs n. 50/2016: «…. c) laddove la stazione appaltante non dia immediata conoscenza degli atti di gara reclamati,… da evadere entro il termine di quindici giorni, si farà applicazione dell’ordinario termine d’impugnazione di trenta giorni, decorrente dalla effettiva ostensione dei documenti richiesti (Cons. Stato, A.P. 2 luglio 2020, n. 12; Sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882; 7 febbraio 2024, n. 1263; 20 marzo 2023, n. 2796; Sez. III, 15 marzo 2022, n. 1792)». La ricorrente aveva rispettato il termine di quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento di aggiudicazione per presentare la richiesta di accesso agli atti, ma la stazione appaltante è risultata inadempiente poiché i documenti sono stati consegnati oltre il termine assegnato per rispondere e non si può giustificare tale inadempimento adducendo che, entro i quindi giorni, l’amministrazione avrebbe comunicato alla richiedente di aver notificato la richiesta ai controinteressati, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 184/2006, allo scopo di consentire loro di manifestare eventuale opposizione alla consegna.

Alla luce delle considerazioni sopra rilevate il giudice accoglie la doglianza della ricorrente ma l’appello viene, però, respinto in quanto le contestazioni sollevate nei confronti della seconda classificata non erano supportate da prove e ciò determina il venir meno dell’interesse all’esame delle doglianze rivolte nei confronti dell’aggiudicataria poiché, anche se fossero fondate, non potrebbe conseguire l’aggiudicazione della gara. L’appello, pertanto, conferma la sentenza gravata con diversa motivazione, ossia per difetto di interesse e non per irricevibilità del ricorso.

 

 

 

FONTI    Silvana Siddi     “Enti locali & Edilizia”

Categorized: News