Il saggio del Presidente aggiunto del Consiglio di Stato Carmine Volpe analizza il nuovo volto del Collegio consultivo tecnico dopo il correttivo al d.lgs. 36/2023: natura, funzioni e criticità operative
Il sistema degli appalti pubblici vive da anni una stagione di profonda rielaborazione, nella quale la ricerca di efficienza, certezza e tempestività ha spinto il legislatore verso modelli di risoluzione anticipata dei conflitti. In questo scenario, il Collegio consultivo tecnico (CCT) rappresenta il tentativo più maturo di dare attuazione concreta al principio del risultato di cui all’art. 1 del d.Lgs. n. 36/2023, inteso come strumento di garanzia della regolare esecuzione dei contratti.
Il focus “Il Collegio consultivo tecnico dopo il correttivo” del Presidente aggiunto del Consiglio di Stato Carmine Volpe offre una lettura lucida e sistematica delle modifiche introdotte dal d.Lgs. n. 209/2024, mettendo in evidenza pregi e contraddizioni di un istituto che, pur nella sua razionalità di fondo, continua a risentire della fragilità normativa che caratterizza la materia dei contratti pubblici.
Collegio Consultivo Tecnico: la collocazione del CCT nel nuovo Codice e la sua evoluzione
La disciplina del CCT è contenuta nel Libro V, Parte I, Titolo II del Codice dei contratti pubblici, dedicato ai rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale (artt. 215–219). Si tratta, dunque, di un meccanismo di composizione stragiudiziale delle controversie, collocato nella fase esecutiva e alternativo — ma non sostitutivo — della tutela dinanzi al giudice ordinario.
L’istituto si fonda sui principi cardine del nuovo Codice: risultato, fiducia e accesso al mercato. La sua funzione è quella di prevenire o risolvere rapidamente dispute tecniche, evitando che la conflittualità tra stazione appaltante e operatore economico si traduca in contenzioso e paralisi esecutiva. È una misura coerente con la logica del PNRR, in cui il rispetto dei tempi di realizzazione costituisce parametro di efficacia amministrativa
Le novità introdotte dal correttivo 2024
Con il d.lgs. n. 209/2024, il legislatore ha ridisegnato in modo profondo la fisionomia del CCT.
Le principali novità riguardano:
- la limitazione dell’obbligatorietà ai soli contratti di lavori pubblici sopra soglia europea, mentre per servizi e forniture la costituzione è rimessa alla valutazione delle parti;
- la previsione di un CCT “ante operam”, chiamato a intervenire già nella fase di definizione progettuale o di gara;
- l’obbligo di acquisizione del parere del collegio in caso di iscrizione di riserve, proposte di variante e risoluzione contrattuale;
- la possibilità, previo accordo delle parti, di attribuire valore di lodo contrattuale alle determinazioni del CCT, con effetti vincolanti di natura negoziale;
- la riduzione del compenso fisso massimo per i collegi relativi a contratti di importo superiore al miliardo di euro;
- l’estensione dell’obbligo di riunioni periodiche di monitoraggio dell’andamento dei lavori, mutuato dall’esperienza dei cantieri PNRR.
Natura, funzione e criticità operative
Il CCT nasce come organo terzo e indipendente, con la funzione di prevenire e risolvere in via tecnica le controversie insorgenti durante l’esecuzione dei contratti. Opera come sede di confronto, valutazione e proposta di soluzioni equilibrate, e si pone come strumento di giustizia contrattuale preventiva, ispirato ai principi di celerità, efficienza e proporzionalità.
Nel sistema del Codice, il collegio può esprimere pareri o adottare determinazioni. Le determinazioni, a differenza dei pareri, possono assumere – se le parti non dispongono diversamente – valore di lodo contrattuale ex art. 808-ter c.p.c., con effetti vincolanti tra le parti e funzione conciliativa. Tuttavia, la natura di tali determinazioni rimane ambigua: esse non producono effetti di tipo giurisdizionale ma negoziale, richiedendo comunque l’intervento del giudice ordinario in caso di inadempimento.
Volpe sottolinea come il correttivo, pur avendo ampliato le competenze e chiarito alcuni aspetti procedurali, non abbia risolto i nodi strutturali dell’istituto.
Le principali criticità rilevate riguardano:
- l’instabilità normativa, con continue riscritture e sovrapposizioni che compromettono la certezza del diritto;
- la scarsa indipendenza effettiva dei componenti, poiché l’allegato V.2 consente di nominare anche dipendenti o collaboratori delle parti, rendendo di fatto difficile garantire la terzietà;
- la riduzione della collegialità, quando i membri di parte assumono posizioni di difesa e la decisione finale è rimessa al solo presidente;
- la mancanza di chiarezza applicativa, in particolare sul valore delle “osservazioni” del CCT e sulla distinzione tra le diverse tipologie di pronunce;
- la tecnica legislativa approssimativa, che ha sostituito integralmente l’allegato V.2 senza distinguere norme nuove e riprodotte, costringendo gli operatori a un lavoro di ricostruzione testuale.
Nel focus si evidenzia, inoltre, il rischio di una progressiva “burocratizzazione” del CCT, che, da strumento agile di mediazione tecnica, rischia di diventare un ulteriore livello procedimentale, rallentando la gestione delle controversie invece di accelerarla.
La normativa transitoria e l’applicazione ai collegi già costituiti
Particolarmente interessante è l’analisi della fase transitoria, regolata dall’art. 225-bis del Codice, introdotto dal correttivo. La norma dispone che le nuove disposizioni in materia di CCT si applichino anche ai collegi già operanti al 31 dicembre 2024, salvo contraria volontà delle parti.
La scelta del legislatore – sottolinea Volpe – è emblematica della natura “ibrida” dell’istituto, a metà tra disciplina pubblicistica e assetto pattizio: la sua operatività è infatti rimessa alla volontà dei soggetti che compongono il rapporto contrattuale.
In mancanza di una dichiarazione contraria di entrambe le parti, le nuove regole si applicano automaticamente ai collegi relativi ai lavori pubblici, mentre restano escluse le controversie su servizi e forniture già in corso.
Si tratta di una soluzione che introduce una flessibilità anomala in un contesto normativo di rango primario, poiché l’efficacia della norma dipende dal comportamento delle parti e non da un criterio oggettivo di decorrenza. Questa impostazione, pur coerente con la genesi negoziale del CCT, genera incertezza operativa, specie per le stazioni appaltanti impegnate nella gestione di contratti in corso di esecuzione al momento dell’entrata in vigore del correttivo.
Considerazioni finali
Il saggio di Volpe offre una riflessione ampia e articolata sul ruolo che il Collegio consultivo tecnico può e deve assumere nel nuovo quadro dei contratti pubblici.
L’istituto, nelle intenzioni del legislatore, rappresenta una valvola di efficienza capace di ridurre il contenzioso, velocizzare le decisioni e rafforzare la fiducia tra amministrazione e impresa. Tuttavia, la sua effettiva operatività dipenderà da alcune condizioni essenziali:
- la stabilità normativa, che consenta di sedimentare prassi e interpretazioni univoche;
- la reale indipendenza dei componenti, condizione imprescindibile per assicurare l’autorevolezza delle decisioni;
- la chiarezza degli effetti giuridici delle determinazioni, in modo da evitare sovrapposizioni con arbitrato e accordo bonario;
- l’adozione di nuove linee guida ministeriali, che chiariscano criteri di compenso, procedure e modalità applicative coerenti con i principi di risultato e fiducia.
In definitiva, il correttivo 2024 ha segnato un passo avanti nella sistemazione organica del CCT, ma non ne ha ancora garantito la piena maturità.
L’istituto resta centrale per la riuscita del Codice dei contratti, ma richiede un’ulteriore opera di consolidamento tecnico e interpretativo per trasformarsi da strumento sperimentale a presidio stabile di efficienza amministrativa e giustizia contrattuale.
FONTI “LavoriPubblici.it”
