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Manodopera, sì allo sconto sui costi scorporati dall’importo a base d’asta

L’interpretazione offre un giusto bilanciamento tra il valore della tutela dei lavoratori e quello della libertà imprenditoriale

 

I costi della manodopera indicati dalla stazione appaltante in sede di gara attraverso il loro scorporo dall’importo a base d’asta possono essere ribassati dai concorrenti in sede di offerta. È questo il principio affermato con nettezza dal Tar Toscana, Sez. IV, 29 gennaio 2024, n. 120, che interviene con un’indicazione molto chiara su una questione che dopo le novità introdotte sul punto dal Dlgs 36/2023 ha suscitato molte incertezze e contrastanti interpretazioni.

 

Il fatto
Un ente appaltante aveva indetto una gara per l’affidamento del servizio di refezione scolastica. Il disciplinare di gara conteneva l’indicazione dell’importo a base di gara, con lo scorporo degli importi relativi ai costi della manodopera e agli oneri di sicurezza, entrambi definiti non soggetti a ribasso. Lo stesso disciplinare precisava che il costo della manodopera era stato determinato dalla moltiplicazione del costo orario delle diverse figure impiegate per l’esecuzione dell’appalto per il numero delle ore presunte, assumendo come riferimento le tabelle ministeriali. Erano inoltre contenute due ulteriori indicazioni. La prima era che non potevano considerarsi ammissibili offerte che riportassero un importo della manodopera inferiore ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.

La seconda precisava che i costi della manodopera non erano ribassabili, restando tuttavia salva la possibilità per il concorrente di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo derivava da una più efficiente organizzazione aziendale o da sgravi contributivi che non comportavano penalizzazioni per la manodopera.

In sede di gara la commissione giudicatrice procedeva alla verifica di anomalia dell’offerta risultata prima in graduatoria, con particolare riferimento alla congruità del costo della manodopera indicato in sede di offerta. Agli esiti del procedimento di verifica dell’anomalia, l’ente appaltante disponeva l’aggiudicazione a favore di tale offerta.

Contro il provvedimento di aggiudicazione il secondo classificato proponeva ricorso davanti al giudice amministrativo. Tra i motivi di ricorso, veniva contestato che l’aggiudicataria avrebbe indicato nell’offerta un costo della manodopera più basso di quello determinato dalla stazione appaltante in sede di gara. Tale ribasso sarebbe illegittimo, in quanto contrario all’indicazione normativa contenuta nell’articolo 41, comma 14 del D.lgs. 36/2023.

 

La tesi della non ribassabilità dei costi della manodopera
La censura del ricorrente si fonda dunque sulla tesi secondo cui, nel nuovo quadro normativo delineato dal Dlgs 36, i costi della manodopera indicati dalla stazione appaltante non sarebbero soggetti a ribasso da parte dei concorrenti.

Questa tesi si basa su un’interpretazione restrittiva dell’articolo 41, comma 14. La disposizione – che peraltro recepisce un’esplicita indicazione contenuta nella legge delega – contiene due distinte previsioni non facilmente armonizzabili. Mentre da un lato viene previsto che i costi della manodopera devono essere scorporati dall’importo assoggettato a ribasso, dall’altro viene fatta salva la possibilità che in considerazione di una più efficiente organizzazione aziendale il concorrente possa giustificare il ribasso complessivo offerto sull’intero importo. Laddove proprio il riferimento alla natura complessiva del ribasso sembra prendere in considerazione tutte le componenti dell’offerta, compreso quindi il costo della manodopera.

La norma ha dato luogo a due diverse interpretazioni. Secondo una prima tesi – prospettata dal ricorrente – avrebbe carattere prevalente la previsione esplicita secondo cui i costi della manodopera devono essere scorporati dall’importo assoggettato a ribasso. Di conseguenza, gli stessi resterebbero fissi e invariabili, non potendo essere modificati alla luce del ribasso offerto dal concorrente.

Questa tesi si presta a molte obiezioni, alcune delle quali puntualmente richiamate dalla sentenza del Tar Toscana.

 

La tesi della ribassabilità dei costi della manodopera
Il giudice amministrativo aderisce alla tesi opposta, ritenendo quindi ribassabili dai concorrenti in sede di gara i costi della manodopera. Per giungere a questa conclusione, offre un’interpretazione dell’articolo 41, comma 14 di natura sistematica, nel senso che la stessa viene letta anche alla luce di altre previsioni contenute nel Dlgs 36.

Il primo richiamo è all’articolo 108, comma 9, che prescrive ai concorrenti di indicare nell’offerta economica i costi della manodopera. La seconda previsione che viene in considerazione è quella contenuta all’articolo 110, comma 1, secondo cui le stazioni appaltanti valutano la congruità della migliore offerta anche in relazione a elementi specifici, tra cui i costi della manodopera indicati nell’offerta stessa.

Da queste previsioni si deduce che i costi della manodopera sono assoggettati a ribasso; il che trova conferma anche nella seconda parte dell’articolo 41, comma 14, che consente al concorrente di dimostrare che il ribasso complessivo offerto deriva da una più efficiente organizzazione aziendale.

Infatti, se il legislatore avesse voluto considerare i costi della manodopera fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne separatamente l’importo nell’offerta economica; né avrebbe avuto senso includere esplicitamente tali costi tra gli elementi di cui le stazioni appaltanti devono tenere conto in sede di verifica dell’anomalia.

Sotto altro profilo, la tesi dell’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera indicati dalla stazione appaltante determinerebbe una restrizione eccessiva della libertà d’impresa. Infatti, il concorrente non potrebbe comunque dimostrare che il ribasso complessivo offerto – comprensivo anche della quota parte direttamente imputabile ai costi della manodopera – è correlato a soluzioni organizzative innovative o più efficienti ovvero all’appartenenza del concorrente a un comparto produttivo per il quale è prevista l’applicazione di un contratto collettivo diverso – e meno oneroso – di quello cui ha fatto riferimento la stazione appaltante nel determinare i suddetti costi.

A conferma della correttezza di questa tesi, il Tar Toscana richiama anche la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665. Questa pronuncia ricorda – con riferimento alla previgente disciplina di cui al Dlgs 50/2016 – che il divieto di ribasso dei costi della manodopera confliggerebbe con l’assetto normativo complessivo delineato e, prima ancora, con il principio di libera concorrenza nell’affidamento dei contratti pubblici. Ma soprattutto il Consiglio di Stato sottolinea come la disposizione dell’articolo 41, comma 14 del Dlgs. 36 faccia salva la possibilità che il concorrente dimostri che un eventuale ribasso che coinvolge anche i costi della manodopera derivi da una più efficiente organizzazione aziendale, legittimando quindi la possibilità del ribasso.

Nella medesima direzione si sono espressi sia il ministero delle Infrastrutture con il parere n. 2154 del 19 luglio 2023 che l’Anac. In particolare quest’ultima con la Delibera n. 528 del 15 novembre 2023 ha puntualizzato che la lettura sistematica dell’articolo 41, comma 14 porta a ritenere che il costo della manodopera, seppure scorporato dalla stazione appaltate dall’importo a base di gara, rientra comunque nell’importo complessivo su cui va applicato il ribasso offerto dal concorrente.

Questa posizione ha trovato conferma nel Bando tipo n. 1/2023, che prevede che il concorrente possa indicare in sede di offerta un costo della manodopera diverso da quello stimato dall’ente appaltante e come tale scorporato dall’importo a base di gara, precisando che in questo caso l’offerta deve essere obbligatoriamente sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia, fermo restando l’inderogabilità dei trattamenti salariali minimi.

In definitiva, il Tar Toscana ritiene che l’interpretazione dell’articolo 41, comma 14 che consente il ribasso dei costi della manodopera sia la più corretta, anche perché quella costituzionalmente orientata.

In questo senso, non può trovare spazio la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente con riferimento all’articolo 36 della Costituzione (tutela del lavoro). Occorre infatti considerare che ha rilievo costituzionale anche la libertà di iniziativa economica privata, che rispetto al caso di specie trova espressione nella possibilità riconosciuta all’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, consentendone il ribasso rispetto a quanto indicato dalla stazione appaltante.

Né può essere preso in considerazione il vizio di eccesso di delega sollevato dal ricorrente. La legge delega infatti stabiliva solo il principio che i costi della manodopera fossero obbligatoriamente oggetto di scorporo, ai fini di precostituire una tutela rafforzata dei lavoratori. Ma non prevedeva in alcun modo che tali costi dovessero essere fissi e inderogabili, e quindi non ribassabili da parte dei concorrenti.

In conclusione, l’articolo 41, comma 14 va interpretato nel senso che i costi della manodopera indicati dalla stazione appaltante in sede di gara possono essere oggetto di ribasso da parte dei concorrenti nella loro offerta. Qualora tale ribasso venga operato, la relativa offerta dovrà necessariamente essere oggetto del procedimento di verifica di anomalia, fermo restando il rispetto dei trattamenti salariali minimi inderogabili.

 

Un giusto punto di equilibrio
La soluzione accolta dal Tar Toscana appare corretta, operando la giusta sintesi tra due esigenze, sorrette entrambe da una copertura di rango costituzionale.

L’articolo 41, comma 14, da un lato mira a tutelare i lavoratori, poiché l’indicazione dei costi della manodopera in termini di scorporo rispetto all’importo complessivo a base di gara vuole dare evidenza della stima operata dalla stazione appaltante, così da poter valutare con attenzione qualunque diverso importo formulato dai concorrenti. Dall’altro, consente tuttavia agli stessi concorrenti di dimostrare che il ribasso complessivo offerto – relativo quindi anche alla componente manodopera – deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, dando in questo modo adeguata tutela al principio della libera iniziativa economica.

L’interpretazione che di tale disposizione offre il Tar Toscana opera un giusto bilanciamento tra il valore della tutela dei lavoratori e quello della libertà imprenditoriale. Tenendo peraltro conto che il primo valore è assicurato anche da altre disposizioni della disciplina dei contratti pubblici, posto che nell’ambito della verifica di anomalia non sono comunque consentite giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

 

 

FONTI    Roberto Mangani      “Enti Locali & Edilizia”    

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