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Principio del risultato, la stazione appaltante non può derogare ai criteri di gara

 

Consiglio di Stato: l’errore materiale è emendabile senza ricorrere a fonti esterne, quale garanzia del principio generale della non ambiguità dell’offerta

 

Enfatizzare il principio del risultato non può portare alla massimizzazione del valore oggettivo della prestazione offerta dall’operatore economico e non legittima la stazione appaltante a derogare ai criteri che fungono da guida delle procedure di gara, ossia la tutela della concorrenza e la par condicio competitorum.

È questa l’interpretazione fornita dal Consiglio di Stato, sezione V, con la sentenza n. 7798/2024, richiamando il nuovo impianto normativo dei contratti pubblici, anche se non applicabile ratione temporis alla fattispecie.

Una società ha presentato appello avverso la pronuncia dei giudici di primo grado con cui è stata accolta l’impugnativa della propria aggiudicazione dell’appalto per il servizio di trasporto scolastico, indetto da una centrale unica di committenza, con applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

La ricorrente in primo grado ha prospettato la violazione dei principi di correttezza e eccesso di potere poiché la commissione di gara ha errato nel considerare “discrezionale” il punteggio attribuito al requisito relativo al possesso di autobus che usufruiscono di incentivi ambientali, offerti dalla contro interessata.

Nell’offerta tecnica l’appellante ha, difatti proposto, per l’esecuzione dei servizi, dei mezzi a gasolio di classe non rientrante tra quelli ammessi alle agevolazioni previste; solo successivamente, nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia, ha presentato delle fatture, emesse prima della scadenza di partecipazione alla gara, di acquisto di autobus di classe incentivabile.

L’operatore economico ha dichiarato di essere incorso in un errore di classificazione dei mezzi e che la propria volontà è chiara e palese dal tenore delle fatture allegate.

È irrilevante e non utilizzabile ai fini probatori, per il collegio di primo grado e così anche per l’alto consesso, la documentazione suddetta, perché costituisce una modifica sostanziale e postuma dell’offerta, alterandone i relativi contenuti e come tale inammissibile; l’errore materiale è emendabile senza ricorrere a fonti esterne, quale garanzia del principio generale della non ambiguità dell’offerta a tutela dell’imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa.

Sul punto la stazione appaltante ha seguito la regola del “risultato” , ha optato per un’interpretazione delle disposizioni orientata teleologicamente a realizzare la ratio sottesa all’operazione negoziale pianificata nel suo complesso, con l’obiettivo di garantire il prodotto/servizio, annullando l’effetto ostativo delle prescrizioni meramente formali, nella logica che il risultato formalisticamente “corretto” non sempre si indentifica con il risultato sostanzialmente “giusto” ovvero con il conseguimento del risultato utile per la collettività e per l’amministrazione, in termini di massima tempestività e miglior rapporto tra qualità e prezzo ( Consiglio di Stato, sezione III, n. 9812/2023).

Tuttavia l’accento posto sul principio del risultato, che necessariamente orienta la discrezionalità dell’agire amministrativo, non deve porre in chiave antagonista il principio di legalità, tale da consentire all’ente di violare le regole di gara sottese a garantire la concorrenza e la par condicio dei partecipanti e anche a esaltare il valore reale della prestazione fornita dall’operatore economico.

Come chiarito dalla giurisprudenza prevalente, nei contratti pubblici, la procedura e la forma costituiscono mezzi, non obiettivi, ma ciò non significa che la concorrenza non debba essere tutelata; pertanto il formalismo si impone e prevale quando è in gioco la parità di trattamento tra i partecipanti alla gara: l’appello è respinto.

 

 

FONTI     Susy Simonetti e Stefania Sorrentino  “Enti Locali & Edilizia”

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