Il TAR Campania (sentenza n. 1762/2025) ribadisce che la revoca della proposta di aggiudicazione non è un atto di autotutela e approfondisce la natura dell’accordo quadro nel nuovo Codice
In quali casi la stazione appaltante può revocare la proposta di aggiudicazione senza attivare il complesso meccanismo dell’autotutela? Cosa succede quando la stazione appaltante decide di fare un passo indietro prima dell’aggiudicazione definitiva? Serve una motivazione rafforzata, come nel caso di un atto di autotutela, oppure basta un semplice provvedimento di ritiro?
Revoca della proposta di aggiudicazione e accordo quadro: la sentenza del TAR Campania
Sono interrogativi che trovano risposta nella sentenza n. 1762 del 30 ottobre 2025 con cui il TAR Campania chiarisce la natura e i limiti della revoca della proposta di aggiudicazione.
Tutto nasce da una procedura negoziata indetta per l’affidamento di un accordo quadro triennale (2025-2027) relativo ai lavori di manutenzione straordinaria delle strade provinciali di un ambito territoriale. Dopo la predisposizione della proposta di aggiudicazione in favore dell’operatore economico primo classificato, la Provincia ha deciso di revocare l’atto, richiamando l’art. 21-quinquies della Legge n. 241/1990 e avviando una nuova gara, con fondi differenti e un diverso periodo di riferimento.
L’impresa esclusa ha impugnato il provvedimento, sostenendo che:
- la revoca fosse immotivata e illogica;
- mancasse la comunicazione di avvio del procedimento;
- la nuova gara riguardasse le stesse strade e lo stesso importo;
- fosse ormai maturato un affidamento legittimo sulla proposta di aggiudicazione.
Per comprendere appieno il ragionamento seguito dal TAR, è utile ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, dal quale emerge con chiarezza che la revoca della proposta di aggiudicazione non può essere assimilata a un vero e proprio esercizio del potere di autotutela.
Quadro normativo di riferimento
La sentenza del TAR Campania si muove naturalmente all’interno del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici), che ha ridisegnato la sequenza procedimentale delle gare pubbliche e, al tempo stesso, ha semplificato il sistema delle fasi decisionali.
In particolare, l’art. 17 del Codice delinea in modo ordinato l’intero percorso dell’affidamento, chiarendo ruoli, tempi e responsabilità della stazione appaltante. Tutto parte dalla decisione a contrarre, atto con cui vengono definiti gli elementi essenziali del contratto, i criteri di selezione e, in caso di affidamento diretto, anche il contraente e le motivazioni della scelta.
Segue la fase di pubblicazione e gestione della procedura, che deve concludersi nei termini stabiliti dall’allegato I.3, la cui violazione oggi rileva anche ai fini del dovere di buona fede.
La norma distingue poi in modo netto la proposta di aggiudicazione, predisposta dall’organo tecnico valutatore, dall’aggiudicazione definitiva, che spetta all’organo competente solo dopo la verifica dei requisiti dell’offerente. È questo il momento in cui l’amministrazione assume la decisione finale e l’aggiudicazione diviene immediatamente efficace.
Il legislatore sottolinea, infine, che l’aggiudicazione non equivale ancora ad accettazione dell’offerta, poiché il contratto si perfeziona solo con la stipula prevista dall’art. 18, salvo i casi di esecuzione d’urgenza.
La proposta, dunque, rappresenta un passaggio intermedio, una sorta di suggerimento tecnico del RUP o della commissione, privo di effetti vincolanti per la stazione appaltante.
L’art. 59 del Codice, invece, disciplina l’accordo quadro, strumento che consente alle amministrazioni di programmare più affidamenti omogenei nel tempo. Si tratta di un meccanismo flessibile che definisce a monte prezzi, condizioni e regole per i futuri contratti attuativi, ma non comporta un affidamento diretto.
In questo senso, l’accordo quadro non è un contratto “operativo”, ma un contratto normativo, volto a regolare rapporti futuri e a garantire la massima trasparenza e concorrenzialità. La durata non può superare i quattro anni (salvo eccezioni motivate) e deve essere sempre indicato il valore stimato dell’intera operazione.
Il TAR collega questi principi al quadro generale della Legge n. 241/1990 sul diritto amministrativo, richiamando in particolare gli artt. 21-quinquies e 21-nonies, che regolano rispettivamente la revoca del provvedimento e l’annullamento d’ufficio. Tuttavia, precisa che tali norme operano solo quando l’atto revocato abbia prodotto effetti stabili. Una condizione che, nel caso della proposta di aggiudicazione, semplicemente non esiste.
La decisione del TAR: la proposta di aggiudicazione non genera affidamento
Il Tribunale ha ricordato che la proposta di aggiudicazione è un atto provvisorio e non definitivo, che si colloca a metà del procedimento di gara ma non lo conclude. Non attribuisce alcun diritto, né produce effetti consolidati. Serve soltanto a orientare la decisione dell’amministrazione, che resta libera di non confermarla.
Ne consegue che la revoca della proposta non configura un atto di autotutela, ma un semplice ritiro di un atto interno, che non richiede né una motivazione rafforzata né il raffronto tra l’interesse pubblico e quello privato.
Sul punto, il TAR ha richiamato una giurisprudenza ormai costante (TAR Napoli, sez. III, 24 ottobre 2024, n. 5632; Cons. Stato, sez. VII, 19 dicembre 2024, n. 10220) secondo cui l’aggiudicatario provvisorio non può vantare un affidamento tutelabile, ma solo una mera aspettativa di fatto.
Solo l’aggiudicazione definitiva segna il momento in cui nasce un vero interesse protetto, con la conseguente applicazione delle garanzie partecipative e del contraddittorio procedimentale.
L’accordo quadro come contratto normativo
Un passaggio importante della sentenza è dedicato all’accordo quadro, che il TAR inquadra come un contratto normativo ai sensi dell’art. 59 del D.Lgs. 36/2023.
Si tratta di uno strumento che non comporta affidamenti diretti, ma serve a fissare regole, prezzi e condizioni per i futuri contratti applicativi.
Il giudice sottolinea che:
- la durata massima è di quattro anni,
- deve essere indicato il valore stimato complessivo della commessa,
- vanno definiti i quantitativi massimi di prestazioni, ma non i minimi, per garantire concorrenza e trasparenza.
Il TAR riprende così l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato, Sez. V, 23 gennaio 2024, n. 741, che ha precisato come l’accordo quadro “detti le condizioni dei contratti integrativi futuri” e assuma una funzione programmatoria, non esecutiva.
Analisi tecnica
Dal punto di vista operativo, la sentenza del TAR Campania offre alcuni spunti particolarmente utili per chi gestisce le procedure di gara.
Anzitutto, ricorda che la proposta di aggiudicazione non vincola la stazione appaltante. Fino all’adozione dell’aggiudicazione definitiva, l’amministrazione conserva la libertà di riesaminare le proprie scelte, ad esempio in presenza di nuove esigenze, finanziamenti sopravvenuti o variazioni del quadro programmatico.
Ciò non significa, però, che possa agire arbitrariamente. Resta fermo il principio di buona fede e il dovere di coerenza, valori cardine del nuovo Codice dei contratti.
La revoca della proposta deve quindi essere letta come un atto di gestione ordinaria del procedimento, e non come un esercizio del potere di autotutela. Ne deriva che non serve aprire un contraddittorio, né comunicare formalmente l’avvio del procedimento, perché l’interessato non è ancora titolare di un diritto o di un affidamento giuridicamente protetto.
Un altro punto cruciale riguarda l’assenza di indennizzo. L’art. 21-quinquies della Legge n. 241/1990 trova applicazione solo per gli atti che abbiano già prodotto effetti stabili, non per quelli interni o preparatori come la proposta di aggiudicazione.
Infine, il TAR valorizza la funzione dell’accordo quadro come strumento di pianificazione. Un meccanismo utile per razionalizzare la spesa pubblica e dare continuità alla manutenzione, purché la stazione appaltante ne rispetti i limiti quantitativi e temporali.
In sostanza, la fase della proposta di aggiudicazione appartiene ancora alla dimensione interna del procedimento, e solo con l’aggiudicazione definitiva nasce un vero rapporto tra amministrazione e operatore economico.
Conclusioni operative
In conclusione, il TAR Campania ha respinto il ricorso, confermando la piena legittimità della revoca della proposta di aggiudicazione e della successiva indizione di una nuova procedura di gara. Una decisione che fornisce alcune indicazioni utili, tra le quali:
- fino all’aggiudicazione definitiva, non si consolida alcun affidamento in capo all’operatore;
- la revoca della proposta è un atto interno e non necessita di contraddittorio;
- l’accordo quadro deve sempre indicare valore complessivo e quantitativi massimi, per garantire partecipazione e parità di trattamento.
Il messaggio è chiaro: maggiore flessibilità per le stazioni appaltanti, ma anche più responsabilità nella gestione dei procedimenti. Non è più il formalismo a guidare l’azione amministrativa, bensì la capacità di garantire trasparenza, coerenza e buon andamento.
FONTI “LavoriPubblici.it”
