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Rotazione, impresa uscente esclusa dalla nuova gara solo se l’appalto è identico

Consiglio di Stato: per far scattare il divieto di invito non basta che si tratti dello stesso settore merceologico

Il principio di rotazione da applicare in sede di inviti alla procedura negoziata opera solo se le prestazioni oggetto del precedente affidamento e quelle da affidare con tale procedura hanno contenuto identico, non essendo sufficiente che appartengano allo stesso settore merceologico o alla medesima categoria di opere. Inoltre, il richiamato principio di rotazione non può trovare applicazione nel caso in cui alla procedura negoziata l’ente appaltante inviti tutti gli operatori iscritti in una specifica categoria nell’ambito di un elenco istituito dal medesimo ente appaltante, senza quindi esercitare alcun tipo di discrezionalità nella scelta dei soggetti da invitare.

Si è espresso in questi termini il Consiglio di Stato, Sez. V, 15 dicembre 2020, n. 8030, che torna sul tema molto dibattuto del principio di rotazione e sulle concrete modalità di applicazione dello stesso. Nel contempo la sentenza contiene anche interessanti affermazioni relativamente alla causa di esclusione dalle gare costituita dal grave illecito professionale.

Il fatto
Un ente appaltante aveva indetto una procedura negoziata per l’affidamento di un accordo quadro avente ad oggetto il servizio triennale per interventi di segnaletica stradale sulla viabilità comunale.
A seguito dell’aggiudicazione operata a favore di un concorrente, un altro operatore economico del settore proponeva ricorso davanti al giudice amministrativo lamentando la violazione da parte dell’ente appaltante del principio di rotazione in quanto l’aggiudicatario, in qualità di precedente gestore del servizio, non avrebbe potuto essere invitato alla procedura negoziata per il nuovo affidamento.
L’aggiudicatario proponeva a sua volta ricorso incidentale sostenendo che il ricorrente originario doveva essere escluso dalla gara, rendendo così inammissibile il ricorso principale. Le ragioni dell’esclusione erano riconducibili ad alcuni fatti ritenuti rilevanti ai fini della configurabilità del grave illecito professionale di cui all’articolo 80, comma 5, lettera c), D.lgs. 50/2016.

Il giudice amministrativo di primo grado ha accolto il ricorso incidentale e di conseguenza ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso principale. La decisione di primo grado è stata oggetto di appello davanti al Consiglio di Stato, proposto dal ricorrente originario.

Il grave illecito professionale
Sotto questo profilo il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza di primo grado.
Il primo giudice aveva infatti ritenuto che il ricorrente originario andasse escluso dalla gara in quanto non aveva dichiarato due fatti ritenuti rilevanti ai fini della configurabilità del grave illecito professionale. Il primo fatto era costituito da una precedente esclusione da una gara indetta da altra stazione appaltante in relazione a eventi pregressi. Il secondo fatto era rappresentato da una sentenza di condanna per frode in pubbliche forniture emessa nei confronti del presidente e vice presidente della società, cessati dalla carica.
In relazione alla prima circostanza il Consiglio di Stato ha evidenziato che, in coerenza con il principio di proporzionalità, la natura definitiva dell’accertamento del fatto rilevante ai fini dell’illecito professionale va considerata con riferimento al provvedimento definitivo di conclusione del relativo procedimento.
Nel caso di specie tale provvedimento era di data anteriore al triennio – periodo da considerare ai fini della rilevanza dei fatti – e di conseguenza non assumeva rilievo ai fini dell’esclusione, né di conseguenza era oggetto di un obbligo dichiarativo.
Quanto al secondo profilo, il Consiglio di Stato ha rilevato come il primo giudice non ha considerato che la condanna penale era stata comminata nei confronti di rappresentanti dell’impresa da tempo cessati dalla carica, mentre di contro l’impresa in quanto tale era stata assolta per insussistenza del fatto.

Il Tar sembra quindi avere pienamente aderito all’interpretazione giurisprudenziale più restrittiva secondo cui il concorrente deve portare a conoscenza della stazione appaltante tutte indistintamente le informazioni relative alle proprie vicende professionali, essendo quindi tenuto a dichiarare qualsiasi fatto astrattamente idoneo a influire sulla sua affidabilità e moralità professionale. Ciò per consentire all’ente appaltante di disporre di tutti gli elementi necessari per potere effettuare con cognizione di causa le proprie valutazioni in merito all’eventuale sussistenza della causa di esclusione costituita dal grave illecito professionale.

Secondo il Consiglio di Stato questa interpretazione deve essere letta anch’essa tenendo conto del principio di proporzionalità. Di conseguenza si devono individuare dei limiti anche agli obblighi dichiarativi in sede di gara, al fine di evitare che gli stessi si rilevino eccessivamente onerosi imponendo di sottoporre alla valutazione della stazione appaltante anche vicende molto risalenti nel tempo o addirittura insignificanti ai fini della reputazione professionale dell’impresa.

Facendo applicazione di questo principio al caso di specie, il giudice di appello non ha ritenuto che il fatto indicato costituisse indice del grave illecito professionale, né quindi che dovesse essere oggetto di obbligo dichiarativo. Infatti la condanna penale non ha riguardato l’impresa in sé considerata – che è stata assolta con formula piena – ma due rappresentanti della medesima cessati dalla carica da un notevole lasso di tempo. Con la conseguenza che si deve ritenere che tale condanna non rivesta carattere di attualità ai fini del giudizio di integrità e affidabilità del concorrente.

Il principio di rotazione
La parte più interessante della pronuncia del Consiglio di Stato è quella che si occupa del principio di rotazione e delle sue corrette modalità applicative.
In via preliminare il giudice amministrativo ricorda la ratio di tale principio, identificabile in primo luogo nell’esigenza di introdurre un contrappeso alla notevole discrezionalità di cui gli enti appaltanti godono in sede di scelta dei soggetti da invitare alle procedure negoziate. Nel contempo, l’applicazione di tale principio ha l’obiettivo di evitare il consolidamento di rendite di posizione e di consentire la turnazione dei vari operatori economici nello svolgimento di determinate prestazioni. Anche in questa logica, si pone il corollario del principio di rotazione consistente nella regola secondo cui alla procedura per il nuovo affidamento non va invitato il contraente uscente, al fine di evitare che lo stesso possa sfruttare le sue conoscenze pregresse per prevalere agevolmente sugli altri concorrenti.

L’insieme di queste finalità ha come naturale conseguenza che in tanto il principio di rotazione può avere legittima applicazione in quanto vi sia totale omogeneità tra la prestazione oggetto del precedente contratto e quella che viene messa in gara con la procedura negoziata.
Per comprendere appieno come questa omogeneità debba essere intesa sono emblematiche le considerazioni svolte dal giudice amministrativo con riferimento al caso di specie.

Il precedente affidamento e il relativo incarico avevano avuto per oggetto l’attività di manutenzione stradale, da eseguire attraverso servizi di pronto intervento per mezzo di segnaletica di pericolo e messa in sicurezza. Questa attività veniva qualificata in termini di lavori, in considerazione della prevalenza degli interventi ex novo di segnaletica stradale, posti in essere a seguito di nuove esecuzioni di pavimentazioni stradali.

In fase di nuovo affidamento da operare tramite procedura negoziata l’ente appaltante modificava questa impostazione. Avendo ritenuto prevalente l’esigenza di mantenimento in sicurezza della rete stradale attraverso interventi di segnaletica, l’ente appaltante qualificava le relative prestazioni in termini di servizi.
Proprio in virtù della diversa configurazione delle relative attività, il Consiglio di Stato ha ritenuto che nel caso di specie non sussistesse identità di oggetto tra l’affidamento pregresso e quello nuovo. Di conseguenza, il contraente uscente non poteva avvantaggiarsi di quella posizione di privilegio derivante dalla sua posizione pregressa che è una delle ragioni giustificatrici – ed anzi ad avviso del Consiglio di Stato sembra la principale – ai fini dell’applicazione del principio di rotazione.

Né può assumere rilievo la circostanza che i due affidamenti riguardassero in senso ampio lo stesso settore merceologico o la medesima categoria di opere, giacché ciò non è sufficiente ad assicurare quella identità tra prestazioni ritenuta necessaria ai fini della legittima applicazione del principio di rotazione.

Viene poi indicata una ragione ulteriore che esclude tale applicazione. L’ente appaltante ha infatti invitato alla procedura negoziata tutti gli operatori iscritti nell’albo dalla stessa istituito con riferimento alla categoria di prestazioni oggetto di affidamento. Non vi è stata quindi alcuna scelta discrezionale in sede di inviti, venendo quindi meno la principale ragione giustificatrice del principio di rotazione.

I limiti del principio di rotazione
Anche le affermazioni contenute nella pronuncia in commento evidenziano le difficoltà applicative del principio di rotazione e le zone d’ombra che lo accompagnano.
Nonostante la legittimità di tale principio abbia trovato ampio spazio anche nell’elaborazione giurisprudenziale, si ritiene che permangono molti dubbi sulla sua reale correttezza ed efficacia, almeno per l’ipotesi in cui esso non trovi applicazione in relazione a un affidamento diretto bensì agli inviti da diramare per la partecipazione a una procedura negoziata.

In quest’ultimo caso vi è infatti un confronto concorrenziale che mette l’ente appaltante in condizione di scegliere l’offerta più conveniente che il mercato offre. Non si comprendono le ragioni per le quali da tale confronto concorrenziale debbano essere esclusi il contraente uscente o soggetti già invitati a precedenti procedure.

L’argomento della c.d. asimmetria informativa di cui godrebbe il contraente uscente o l’esigenza che chi è stato invitato a precedenti gare “salti un turno” appaiono deboli. Essi delineano una soluzione di esclusione aprioristica che quanto meno non tiene conto della specificità dei singoli casi. Né considerano da un lato l’esigenza dell’ente appaltante di non precludere la partecipazione alla gara a un soggetto – il contraente uscente – che per ipotesi può essere stato particolarmente efficace nell’esecuzione del precedente contratto; e dall’altro la limitazione che viene imposta all’autonomia imprenditoriale degli operatori economici.

FONTI: Roberto Mangani Edilizia eTerritorio

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