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Compensazione prezzi I semestre 2021, il Mit rettifica 16 voci: richieste entro il 19 gennaio

 

Pubblicato il Dm Mit che, dopo una lunga battaglia legale, rivede al rialzo le rilevazioni contestate dall’Ance. Il contenzioso continua sugli scostamenti relativi al secondo semestre 2021

 

Ci sono voluti oltre tre anni e tre sentenze del giudice amministrativo, ma alla fine le imprese hanno ottenuto il riconoscimento del maggior prezzo di una serie di materiali di largo uso nelle costruzioni e nell’edilizia a causa dell’incremento delle quotazioni avvenute tra il 2020 e il 2021. Il 4 gennaio 2025 è uscito in Gazzetta ufficiale un decreto Mit che rettifica al rialzo l’incremento dei prezzi con riferimento al primo semestre 2011 (pubblicato in Gazzetta anche il Dm che rivede al rialzo il prezzo del bitume tra il 2017 e il 2018). Il provvedimento del Mit appena uscito rettifica l’incremento dei prezzi tra il 2020 e il primo semestre del 2021 di 16 materiali di frequente utilizzo nell’edilizia e nelle costruzioni. In 15 casi su 16 viene riconosciuto un aumento molto consistente rispetto a quello rilevato nel 2021 e trasfuso nel Dm 11 novembre 2021 dell’allora ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims), quando a Porta Pia sedeva il ministro Enrico Giovannini.

L’Italia stava vivendo la fase più calda dell’inflazione alimentata prima dalla pandemia e poi dall’aggressione russa all’Ucraina. Ma quando il Mit pubblicò il suo decreto con gli scostamenti più significativi dei prezzi dei 56 materiali più impiegati nelle opere pubbliche, i costruttori non trovarono che la realtà fosse correttamente rappresentata. Ricorsero al giudice amministrativo e vinsero tre a zero (vedi oltre). Ma ci sono voluti più di tre anni per ottenere ragione.

Via alle richieste delle imprese
Per ottenere i soldi – invece – ci sono solo pochi giorni a disposizione. In una comunicazione ai propri associati, l’Ance informa che per il riconoscimento del maggior prezzo del bitume la scadenza è fissata al 5 marzo prossimo, ma per tutti gli altri materiali il termine è molto più ravvicinato: 19 gennaio prossimo, appena 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del Dm. «Trattandosi di termini fissati a pena di decadenza – si legge nella circolare – si raccomanda alle imprese interessate di prestare la massima attenzione al riguardo, adottando il comportamento più cautelativo, al fine di non incorrere in tardività nella presentazione delle istanze, che comprometterebbe definitivamente il diritto di ottenere i riconoscimenti compensativi».

Il lungo contenzioso
L’importante vittoria dell’associazione (e delle imprese) arriva al termine di un contenzioso lungo e defatigante necessario per superare un ostinato arroccamento da parte del Mit. Il primo atto è la sentenza del Tar Lazio del 2022 che, in estrema sintesi, accoglie il ricorso dell’Ance sul Dm 2011. Pur confermando la complessiva validità del sistema di rilevazione del Mit (fondato esclusivamente su fonti pubbliche e definito da una metodologia condivisa anche dai portatori di interesse), i giudici ne riconoscono i limiti e le notevoli carenze sotto il profilo applicativo. Inoltre, denunciano la superficialità del ministero nell’affrontare e risolvere le notevoli incongruenze e le varie lacune emerse dalle rilevazioni. Il Tar conclude imponendo pertanto al dicastero un supplemento istruttorio al fine di censire in modo più approfondito le quotazioni di 15 voci di prezzo contestate dall’Ance sulle 56 elencate dal decreto.

La questione poteva finire lì; e invece la battaglia legale era appena iniziata. il Mit chiede (infruttuosamente) la sospensiva della sentenza del Tar Lazio e poi ricorre al Consiglio di Stato, ribadendo le sue ragioni. Si paventa che «il cambiamento in corso della metodologia avrebbe provocato effetti distorsivi sul meccanismo della compensazione dei prezzi». Si afferma inoltre che «sarebbe pericoloso e fuorviante mettere in discussione i prezzi medi ricavati dalle tre fonti ufficiali del Ministero ogni qualvolta si rinvengano da “fonti non ufficiali” aumenti favorevoli alle imprese, in quanto ciò avrebbe potuto innescare un meccanismo non controllabile con riguardo a tutte le 56 voci di materiali in elenco». Il ministero aggiunge inoltre che la sentenza del Tar sarebbe contradditoria quando afferma di riconoscere la correttezza della metodologie ma poi chiede di modificarla con un supplemento istruttorio.

L’irrigidimento del Mit produce una seconda sconfitta. Anzi, il Consiglio di Stato rincara la dose e indica in modo ancora più impietoso le responsabilità del dicastero nella applicazione della metodologia: «La discrasia e l’incongruenza dei dati raccolti – affermano i giudici nella sentenza n.7359/2023 – sono sintomatiche quanto meno di una disomogeneità del metodo di rilevazione seguito da ciascun Provveditorato, nonché dell’inadeguatezza scientifica della relativa verifica e del raffronto dei dati provenienti delle diverse fonti». Al Mit si addebita anche di aver sorvolato sulle palesi anomalie emerse dalla raccolta dei dati, di aver ignorato i “segnali di allerta” previsti dalla metodologia e, infine, di essere rimasti indifferenti agli ampi scostamenti segnalati dall’Ance emersi da operatori nazionali e internazionali diversi dalle fonti del Mit. In particolare, l’Associazione ha rilevato incrementi che vanno da un minimo del 21,57% fino al 66,82% delle quotazioni ministeriali. «Tali differenze vanno oltre un tollerabile margine di errore statistico – sottolinea il Consiglio di Stato – e avrebbero ragionevolmente imposto, a prescindere dalle sopravvenute indicazioni delle Linee guida, il supplemento istruttorio, che è stato ritenuto necessario dal primo giudice». In conclusione, Palazzo Spada conferma la necessità di un approfondimento istruttorio, autorizzando il Mit a colmare le lacune dei dati «anche mediante eventuale ricorso a fonti alternative».

Ma non bastava ancora. L’anno successivo, a fronte dell’inerzia del Mit, l’Ance ha dovuto bussare ancora alla porta del Tar Lazio, chiedendo l’ottemperanza alle sentenze del primo e del secondo giudice. Nel febbraio del 2024 il Tar Lazio (con la sentenza n.3951/2024) riconosce ancora una volta le ragioni dell’associazione ed emette la sentenza di ottemperanza, imponendo al Mit di provvedere – entro 150 giorni – a riformulare i prezzi delle voci contestate, e nominando fin d’ora un commissario ad acta in caso di perdurante inerzia.

E si arriva così al 20 dicembre di quest’anno, con la pubblicazione (ben oltre il termine di 150 giorni) dell’atteso decreto Mit con gli scostamenti dei prezzi riferiti al primo semestre del 2021. Va detto che la battaglia legale è ancora aperta – almeno in teoria – perché il ministero ha impugnato la sentenza di ottemperanza del Tar Lazio e l’udienza è stata fissata per il 16 gennaio 2025. Tuttavia, la pubblicazione del Dm lascia prevedere che l’oggetto del contendere sia cessato.

E in effetti i numeri dell’ultimo decreto Mit confermano le ragioni delle imprese. Gli aumenti sono in alcuni casi anche molto consistenti. Le fibre in acciaio utilizzate nello spritz beton passano dal 19,21% al 40,34% al chilo. Più in generale, tutti gli elementi in metallo vedono incrementi anche di decine di punti percentuali. L’unica rettifica al ribasso (al netto di eventuali refusi) riguarda un prodotto in legno: e più precisamente “l’abete sottomisura”, che passa dal 43,77% di aumento rilevato nel 2021 al 36,948% di incremento del prezzo a metrocubo rettificato dal Mit.

Tutto bene? Non proprio. Nel 2022 l’Ance ha avviato una seconda battaglia legale sul successivo Dm Mims relativo agli scostamenti dei prezzi rispetto al secondo semestre 2021. In questo caso, però, il Tar Lazio non ha accolto il ricorso. Nella sentenza n.6894/2023 scorso il primo giudice riconosce che in questo caso la metodologia nel frattempo riveduta e aggiornata dal ministero è corretta e solida e anche l’istruttoria e l’applicazione della metodologia è stata corretta. Pertanto, il Consiglio di Stato, cui l’Ance aveva fatto appello, conclude (ordinanza n.10344/2024 del 23 dicembre scorso) che «al fine di decidere il presente appello, anche in riferimento alla richiesta della parte appellante di disporre attività istruttoria, sia opportuno attendere l’esito dell’approfondimento tecnico in corso riguardante la metodologia di rilevazione delle variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori all’8 per cento dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi, verificatesi nel periodo contiguo del primo semestre dell’anno 2021». Appuntamento in tribunale al 3 aprile 2025.

 

 

 

FONTI     Massimo Frontera      “Enti Locali & Edilizia”

Categorized: News