Consiglio di Stato: legittimo anche l’avvalimento solo «premiale», ma il contratto deve essere oneroso. Il via libera non si estende agli appalti promossi con il vecchio codice
Nel nuovo Codice dei contratti pubblici ha acquisito piena legittimazione l’avvalimento premiale così detto “puro”, cioè quello in cui i mezzi e le risorse messi a disposizione dall’impresa ausiliaria sono finalizzati esclusivamente all’attribuzione di un maggior punteggio all’offerta tecnica. Il riconoscimento dell’avvalimento premiale nei termini indicati costituisce una novità rispetto al D.lgs. 50, che lo ammetteva – secondo l’interpretazione della giurisprudenza – solo nell’ipotesi in cui l’istituto fosse utilizzato anche per la dimostrazione dei requisiti di qualificazione di cui l’impresa concorrente era carente, e solo in via aggiuntiva ai fini dell’incremento qualitativo dell’offerta tecnica. Ne consegue che le disposizioni del D.lgs. 36 non possono essere utilizzate per legittimare in via interpretativa l’avvalimento premiale “puro” in relazione a una procedura di gara svolta nella vigenza del D.lgs. 50/2016, poiché tali disposizioni non possono essere considerate di interpretazione autentica della disciplina previgente, avendo piuttosto carattere pienamente innovativo rispetto a quest’ultima.
Si è espresso in questo senso il Consiglio di Stato, Sez. V, 28 maggio 2024, n. 4732, che si occupa nello specifico dell’avvalimento premiale ma contiene anche interessanti indicazioni più generali sulla disciplina dell’istituto contenuta nel D.lgs. 36.
Il fatto
Un ente appaltante aveva svolto una procedura aperta per l’erogazione di un servizio di durata triennale di manutenzione degli impianti termici. Intervenuta l’aggiudicazione la stessa veniva impugnata davanti al giudice amministrativo da un altro concorrente. Il ricorrente – oltre ad una serie di censure relative all’attribuzione dei punteggi dell’offerta tecnica – contestava la scelta della stazione appaltante di non prendere in considerazione nell’ambito della propria offerta tecnica il punteggio premiale che sarebbe derivato dalla presenza dei mezzi e risorse messi a disposizione dall’impresa ausiliaria.
Il Tar Campania respingeva questa censura. Rilevava infatti che l’articolo 89 del D.lgs. 50 – applicabile al caso di specie in quanto vigente all’epoca di indizione della procedura di gara in questione – non consentiva, secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza, l’avvalimento solo “premiale”, cioè quello finalizzato esclusivamente all’attribuzione di un maggior punteggio all’offerta tecnica. Né poteva assumere rilievo il richiamo operato dal ricorrente alla nuova disciplina dell’istituto contenuta nel D.lgs. 36 che consente questo tipo di avvalimento, giacchè in questo modo si verrebbe a dare a tale disciplina valore di interpretazione autentica della normativa previgente, mentre si tratta di un elemento certamente innovativo rispetto a quest’ultima.
Inoltre, non è comparabile la situazione del ricorrente a quella dell’impresa aggiudicataria, in quanto l’avvalimento utilizzato da quest’ultima non è “solo” premiale ma “anche” premiale, nel senso che le risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria sono servite in primo luogo a colmare il deficit di qualificazione in capo alla stessa impresa aggiudicataria. Solo in via indiretta e come conseguenza ulteriore le stesse hanno portato all’attribuzione di un punteggio incrementale all’offerta tecnica dell’aggiudicataria.- La sentenza del giudice di primo grado è stato oggetto di appello davanti al Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza di primo grado, condividendone le argomentazioni e le conclusioni. La tesi del ricorrente si fonda sull’applicazione retroattiva della nuova disciplina dell’avvalimento contenuta all’articolo 104 del D.lgs. 36. Al riguardo il Consiglio di Stato ricorda come nella vigenza del D.lgs. 50 la giurisprudenza consolidata aveva affermato l’ammissibilità dell’avvalimento “anche” premiale, per cui l’istituto poteva essere utilizzato nel contesto della stessa gara sia per integrare un requisito di qualificazione di cui era carente l’impresa principale, che per attribuire un maggior punteggio all’offerta tecnica della stessa.
Non era invece riconosciuto l’avvalimento “solo” premiale, finalizzato cioè esclusivamente a una migliore valutazione dell’offerta tecnica. Questo indirizzo giurisprudenziale deve intendersi oggi superato dalla nuova disciplina dell’avvalimento contenuta all’articolo 104 del D.lgs. 36, che ha espressamente ammesso l’avvalimento “solo” premiale.
Ciò si ricava chiaramente da due disposizioni. Il comma 4 secondo cui il concorrente che ricorre all’avvalimento deve specificare se intende avvalersi delle risorse altrui per acquisire un requisito di partecipazione o per migliorare la propria offerta. Il successivo comma 12 stabilisce poi che nei casi in cui l’avvalimento sia finalizzato a migliorare l’offerta, alla medesima gara non possono partecipare l’impresa principale e l’impresa ausiliaria. Si tratta tuttavia di una disciplina dal contenuto chiaramente innovativo, che come tale non può essere utilizzata in chiave di interpretazione autentica della normativa previgente.
Ciò anche alla luce del fatto che l’intera disciplina dell’avvalimento contenuta nel D.lgs. 36 denota un cambio di impostazione rispetto al D.lgs. 50. In particolare, il Consiglio di Stato evidenzia gli elementi di diversità della nuova disciplina nei seguenti termini.
In primo luogo, l’articolo 104 pone al centro di tale disciplina il contratto di avvalimento, tanto da definire l’istituto in relazione appunto al contratto con cui lo stesso trova attuazione operativa. Secondo il Consiglio di Stato l’attenzione posta dal legislatore sul contratto piuttosto che sul prestito dei requisiti in sé considerato consente di ricomprendere tra le forme di avvalimento anche quello “premiale”, in cui l’istituto viene utilizzato – purchè il contratto lo indichi espressamente – non ai fini del prestito dei requisiti ma ai fini dell’attribuzione di un punteggio incrementale all’offerta tecnica.
L’altro rilevante elemento di diversità indicato dal Consiglio di Stato sta nel riconoscimento esplicito – che nella precedente disciplina mancava – del carattere normalmente oneroso del contratto di avvalimento, che tuttavia si può concretizzare anche in un interesse patrimoniale in senso ampio dell’impresa ausiliaria, per quanto non immediatamente espresso in termini di corrispettivo in denaro.
L’avvalimento premiale prima e dopo il D.lgs. 36
Come ricordato, nella vigenza della precedente disciplina la giurisprudenza aveva considerato inammissibile l’avvalimento “solo” premiale, ritenendo non coerente con la funzione dell’istituto un utilizzo dello stesso volto esclusivamente a consentire una migliore valutazione dell’offerta, senza che la partecipazione dell’ausiliaria assumesse alcun rilievo ai fini della qualificazione del concorrente (Cons. Stato, Sez. V, 9 gennaio 2024, n. 281; Sez. V, 9 febbraio 2023, n. 1449). Questa conclusione era stata avvalorata sulla base della considerazione che il prestito di mezzi e risorse non funzionali a integrare il deficit di qualificazione del concorrente rischia di alterare il principio della par condicio, venendo a favorire lo stesso concorrente – con l’attribuzione di un punteggio incrementale all’offerta tecnica – attraverso un utilizzo distorto di un istituto che ha tutt’altra finalità (Tar Campania, 4 agosto 2023, n. 4756).
In sostanza, consentire il ricorso all’avvalimento “solo” premiale significherebbe piegare la funzione proconcorrenziale dell’istituto – consentire la partecipazione alla gara di operatori di per sè privi dei necessari requisiti di qualificazione – a una logica in cui proprio la concorrenzialità viene alterata.
Nonostante queste considerazioni critiche della giurisprudenza pregressa, il legislatore del D.lgs. 36 ha espressamente ammesso l’avvalimento anche “solo” premiale, come si ricava dai commi 4 e 12 dell’articolo 104, sopra richiamati. In realtà resta qualche dubbio che tale scelta del legislatore nazionale sia pienamente coerente con la ratio anche comunitaria dell’istituto, che si identifica – appunto un un’ottica di ampliamento della concorrenza – con la possibilità per l’operatore di far ricorso ai mezzi e alle risorse di un soggetto terzo per raggiungere quel livello di qualificazione di cui altrimenti sarebbe privo. Peraltro, un’ulteriore perplessità nasce proprio in relazione al comma 12 dell’articolo 104, che nel caso di avvalimento “solo” premiale – ed esclusivamente in questo caso – pone il divieto di contemporanea partecipazione alla medesima procedura dell’impresa principale e dell’impresa ausiliaria.
Non si comprende infatti la ragione per cui tale divieto – se si ritiene debba sussistere – non operi anche nel caso dell’avvalimento tradizionale, cioè quello finalizzato a colmare il deficit di qualificazione del concorrente. L’unica spiegazione sembra essere quella di non aver voluto creare commistioni tra offerte (quella dell’impresa concorrente cui partecipa l’impresa ausiliaria e quella che avrebbe potuto presentare quest’ultima in via autonoma). Ma se questa è la ratio del divieto, sembra piuttosto un’indiretta conferma degli effetti distorsivi che si accompagnano all’avvalimento “solo” premiale.
L’onerosità del contratto di avvalimento
Già in passato la giurisprudenza aveva affermato che l’onerosità del contratto di avvalimento non necessariamente doveva identificarsi con la previsione espressa di un corrispettivo economico a favore dell’impresa ausiliaria a fronte della messa a disposizione delle sue risorse e mezzi.
Per determinare l’onerosità poteva infatti considerarsi sufficiente un interesse patrimoniale – diretto o indiretto – che potesse giustificare l’assunzione di obblighi e responsabilità da parte dell’impresa ausiliaria, quale ad esempio l’interesse dell’impresa ausiliaria a collaborare con una società di grande importanza unitamente all’altro l’interesse (direttamente patrimoniale) a vedersi attribuito il subappalto delle prestazioni affidate (Cons. Stato, Sez. V, 2 maggio 2018, n. 2953).
In questa logica, è stato affermato che la nullità del contratto di avvalimento per mancanza del requisito dell’onerosità poteva essere dichiarata – in assenza della previsione di un corrispettivo in denaro – solo qualora non fosse ravvisabile una ragione pratica giustificativa del contratto idonea a prefigurare un concreto interesse dell’impresa ausiliaria a mettere a disposizione le proprie risorse, nell’ambito di un rapporto di tipo sinallagmatico, in cui cioè sia evidente lo scambio reciproco tra prestazione (dell’impresa ausiliaria) e controprestazione (dell’impresa principale), ancorchè non espresso in termini di corrispettivo economico (Cons. Stato, Sez. V, 12 luglio 2023, n. 6826).
Questo orientamento giurisprudenziale è oggi pienamente recepito dall’articolo 104 del D.lgs. 36. Il comma 1 stabilisce infatti che il contratto di avvalimento è normalmente oneroso, salvo che non risponda a un interesse dell’impresa ausiliaria, interesse cui dunque viene riconosciuto un rilievo patrimoniale in una logica di corrispettività delle reciproche prestazioni (l’impresa ausiliaria presta le sue risorse in cambio di un’utilità, non necessariamente identificabile in un corrispettivo in denaro).
Sotto questo profilo assume particolare interesse l’affermazione operata dal Consiglio di Stato nella sentenza in commento, laddove evidenzia come la nuova disciplina dell’avvalimento sia incentrata sul contratto piuttosto che sul prestito dei requisiti, con l’effetto di demandare al contenuto del contratto le concrete modalità operative per l’utilizzo dell’istituto, compreso il profilo dell’onerosità e delle forme in cui questo carattere può trovare espressione
FONTI Roberto Mangani “Enti Locali & Edilizia”
