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Il costo della manodopera in aumento può costituire indice di anomalia dell’offerta

 

Tar Puglia: la stazione appaltante deve tenere conto dell’aggiornamento delle tabelle retributive ai fini del giudizio finale della congruità

 

Due recenti e quasi contestuali sentenze del giudice amministrativo si occupano di distinti aspetti relativi al procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte, che rispondono a una logica comune.

Con la prima pronuncia del Tar Puglia, Sez. II, 19 luglio 2024, n. 938, viene stabilito che qualora nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia e quindi prima della conclusione dello stesso sia intervenuto un aggiornamento delle tabelle retributive che abbia prodotto un incremento del costo del lavoro dello specifico appalto, di tale evenienza la stazione appaltante deve tenere conto ai fini di esprimere il suo giudizio finale sulla congruità dell’offerta.

Con la seconda pronuncia del Tar Sicilia, Sez. I, 22 luglio 2024, n. 2642, è stato invece precisato che anche il costo della manodopera in aumento rispetto alla stima operata dalla stazione appaltante può costituire indice di anomalia dell’offerta, in quanto idoneo a incidere sulla remuneratività della stessa. Tuttavia tale aumento deve esse significativo, mentre un aumento molto contenuto non può portare di per sé a un giudizio finale di anomalia dell’offerta.

Sullo sfondo viene anche affrontata la questione della invarianza della soglia di anomalia nel caso del verificarsi di eventi successivi alla formazione della stessa, proponendosi un’interpretazione autentica della specifica disposizione del D.lgs. 36/2023 che disciplina questa ipotesi (articolo 108, comma 12).

Gli incrementi retributivi. La questione affrontata nella prima pronuncia prende le mosse dal provvedimento di aggiudicazione adottato dalla stazione appaltante in relazione all’affidamento di un appalto dei servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani nel territorio comunale.

Il provvedimento veniva impugnato da un concorrente davanti al giudice amministrativo. Secondo il ricorrente, la stazione appaltante avrebbe operato in maniera illegittima in quanto non avrebbe proceduto a valutare la congruità dell’offerta dell’aggiudicataria in relazione al costo del lavoro riportato nella stessa. Ciò in relazione al fatto che, nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, era entrato in vigore un provvedimento ministeriale che aveva definito le nuove tabelle retributive relative al settore di interesse, portando a un incremento del costo del lavoro.

Il Tar Puglia ha accolto la censura. Ha infatti evidenziato che le nuove tabelle retributive di fonte ministeriale sono state adottate successivamente all’avvio del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta con l’invio della richiesta di giustificativi all’impresa interessata e alla ricezione delle stesse, ma prima che tale procedimento si concludesse.

Secondo il giudice amministrativo il fatto che il procedimento non si fosse ancora concluso imponeva di tener conto, in sede di giudizio finale di anomalia, dell’incremento del costo del lavoro conseguente all’adozione delle nuove tabelle ministeriali.

Non è infatti invocabile in questo caso il principio del tempus regit actum, secondo cui non si potrebbero applicare ai procedimenti in corso norme e disposizioni sopravvenute nel corso degli stessi. Ciò in ragione da un lato del carattere inderogabile delle prescrizioni che impongono nuovi minimi tabellari, e dall’altro della ratio stessa del procedimento di verifica dell’anomalia che è quella di valutare se l’offerta nel suo complesso sia effettivamente congrua in relazione alle prestazioni da svolgere. Valutazione che non può prescindere, specie in un appalto di questo tipo, dalla congruità del costo del lavoro, che deve quindi essere valutato in relazione alle tabelle ministeriali effettivamente vigenti.

Né ha fondamento l’ulteriore obiezione avanzata dall’impresa aggiudicataria, secondo cui la variazione in aumento del costo del lavoro, piuttosto che trovare riconoscimento nell’ambito del procedimento di verifica di anomalia dell’offerta, darebbe luogo all’applicazione del meccanismo di revisione del corrispettivo previsto dall’articolo 60 del D.lgs. 36.

Questa prospettazione non può essere accolta in quanto la revisione del prezzo rappresenta un meccanismo diretto a ristabilire l’equilibrio contrattuale che, per ragioni indicate dallo stesso legislatore, sia stato alterato per eventi verificatesi in corso di esecuzione. Nel caso di specie, al contrario, l’evento da prendere in considerazione non è legato alla fase esecutiva, essendo emerso nella fase precedente dell’aggiudicazione.

La conclusione del giudice amministrativo è che la stazione appaltante avrebbe dovuto verificare se l’offerta dell’impresa aggiudicataria poteva considerarsi comunque congrua in relazione all’incremento del costo del lavoro subito a seguito delle nuove tabelle ministeriali. Valutazione che deve essere operata necessariamente dalla stazione appaltante, non potendo il giudice amministrativo sostituirsi a quest’ultima nell’esercizio di poteri connotati da un elevato grado di discrezionalità tecnica.

I costi della manodopera in aumento. La seconda pronuncia si riferisce a una procedura negoziata indetta per l’affidamento dei lavori di realizzazione di un canale di gronda.

Il seggio di gara, a seguito dell’apertura delle offerte economiche, riteneva di procedere alla verifica di anomalia nei confronti di alcuni concorrenti con specifico riferimento al costo della manodopera indicato nelle stesse.

Tra le offerte sottoposte a verifica di anomalia ve ne era una che aveva indicato un costo della manodopera di poco superiore a quello stimato dall’ente appaltante.

Non avendo ricevuto riscontro alla richiesta di giustificazioni l’ente appaltante escludeva tale offerta. Di conseguenza, procedeva al ricalcolo della soglia di anomalia e aggiudicava la gara. Il secondo classificato in graduatoria proponeva ricorso davanti al giudice amministrativo contestando l’operato della stazione appaltante.

In particolare, riteneva illegittima l’esclusione dell’altro concorrente, evidenziando che qualora tale esclusione non vi fosse stata la formulazione della graduatoria avrebbe portato all’aggiudicazione a suo favore.

Il Tar Sicilia ha accolto il ricorso. Nel constatare che l’esclusione era stata disposta rilevando nell’offerta una ritenuta anomalia a causa di un costo della manodopera in aumento – sia pure di poco – rispetto a quello stimato dall’ente appaltante, il giudice amministrativo ricorda che l’indicazione di maggiori costi della manodopera può costituire indice di anomalia dell’offerta qualora sia idoneo a incidere sulla remuneratività della stessa, abbattendo l’utile della commessa.

Occorre peraltro distinguere questa ipotesi dall’altra, speculare, in cui la possibile anomalia dell’offerta derivi da un costo della manodopera recante una eccessiva riduzione. In quest’ultimo caso infatti l’offerta si presume anomala per definizione, fatta salva la possibilità per il concorrente di dimostrare che il ribasso del costo della manodopera consegue a una più efficiente organizzazione aziendale.

Al contrario, nel caso del costo della manodopera al rialzo, non vi è una presunzione di anomalia, dovendosi piuttosto dimostrare da parte dell’ente appaltante che il costo in aumento abbia un’effettiva e concreta capacità di incidere sulla remuneratività dell’offerta, abbattendo in maniera eccessiva l’utile della commessa. In questo caso infatti non vi sarebbero adeguate garanzie sulla serietà e congruità dell’offerta ai fini della corretta esecuzione delle prestazioni.

Questa valutazione rientra nell’ambito della discrezionalità tecnica dell’ente appaltante, come tale insindacabile dal giudice amministrativo se non per manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza. Tale ultima ipotesi si rinviene tuttavia qualora l’ente appaltante – come avvenuto nel caso di specie – valuti anomala un’offerta solo per un rialzo minimo del costo della manodopera – pari allo 0,6% rispetto all’importo stimato dalla stessa stazione appaltante – che risulta del tutto irrilevante rispetto al ribasso complessivo offerto e tale quindi da non poter giustificare di per sè la scarsa redditività dell’offerta.

In definitiva, l’indicazione al rialzo del costo della manodopera può portare a un giudizio di ritenuta anomalia dell’offerta solo qualora abbia un’incidenza significativa, tale da alterare l’equilibrio economico – finanziario della commessa e non garantire quindi la corretta esecuzione delle relative prestazioni.

L’invarianza della soglia di anomalia. La sentenza del Tar Sicilia offre anche un’interessante interpretazione del principio dell’invarianza della soglia di anomalia.

Tale principio è sancito dall’articolo 108, comma 12 del D.lgs. 36, secondo cui ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di un provvedimento giurisdizionale, successivamente al provvedimento di aggiudicazione non rileva ai fini del calcolo delle medie né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte.

L’intento della disposizione è chiaro: cristallizzare il provvedimento di aggiudicazione, evitando che eventi successivi all’aggiudicazione stessa rimettano in discussione l’individuazione della soglia di anomalia e, di conseguenza, gli esiti della gara.

Tuttavia di questo principio è della relativa ratio il giudice amministrativo offre una lettura non assoluta ma relativa. Evidenzia infatti come la funzione principale dello stesso sia quella di evitare la promozione di controversie meramente speculative e strumentali da parte di concorrenti che, non essendo utilmente collocati in graduatoria, non hanno alcun reale interesse a vedere ricalcolata la soglia di anomalia. Nel contempo, l’obiettivo è di evitare che, a fronte dell’esclusione dell’aggiudicatario o di altro concorrente per mancanza dei requisiti, l’ente appaltante debba procedere a una rideterminazione della soglia di anomalia, con inevitabile prolungamento dei tempi della procedura.

Il Tar Sicilia evidenzia tuttavia come il principio indicato e la ratio che lo sorregge non possano essere interpretati nel senso di precludere ai concorrenti di porre in essere iniziative giurisdizionali legittime a tutela dei propri interessi, che gli stessi assumono lesi. In sostanza, è sempre ammesso – essendo un diritto costituzionalmente garantito e come tale incomprimibile – il ricorso al giudice amministrativo volto a contestare l’ammissione alla gara di soggetti privi dei requisiti o che hanno presentato offerte invalide, e ciò anche qualora i risultati del giudizio incidano sul calcolo della soglia di anomalia.

Con l’effetto che il principio dell’invarianza della soglia di anomalia assume un valore relativo, la cui efficacia opera nei confronti di comportamenti strumentali dei concorrenti, ma non in relazione a iniziative volte a far valere legittimi interessi degli stessi che si assumono lesi.

La verifica di anomalia e la discrezionalità dell’ente appaltante. Le due pronunce esaminate evidenziano ancora una volta un tratto emblematico e caratteristico del procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte.

Per quanto definito dalle norme sotto il profilo procedurale, il merito dell’attività di verifica è espressione della discrezionalità della stazione appaltante, che si colloca peraltro nell’area della discrezionalità tecnica, come tale insindacabile dal giudice amministrativo se non per i limitati profili di manifesta illogicità o contraddittorietà o evidente travisamento dei fatti.

Ciò spiega perché anche i principi sanciti dalla giurisprudenza non siano e non possano essere risolutivi della molteplicità di fattispecie che si possono verificare nella realtà operativa, e che la cui soluzione resta nelle valutazioni discrezionali dell’ente appaltante.

 

 

FONTI     Roberto Mangani   “Enti Locali & Edilizia”

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